LETTURA GUIDATA DELLA COSTITUZIONE

 

Messaggio di Antonino Caponetto sulla Costituzione

  • So quanti sacrifici, quanto sangue sono costate la conquista della democrazia e della Costituzione.... La nostra democrazia è la più bella che ci sia al mondo. Ecco perché dovete difendere questi valori contro chiunque attenti ad essi; e state in guardia, perché è stato difficile conquistare democrazia e libertà, ci è voluto il sacrificio di una intera generazione, ci è voluto tanto sangue. Questa Costituzione non è un pezzo di carta che qualcuno oggi vorrebbe stracciare e buttare in un cestino. Questa Costituzione è un pezzo di vita, è un pezzo di storia, ci sono grumi di sangue dentro questa Costituzione: cercate di non dimenticarvene. E cercate di tenere sempre presente che così come avete trovato democrazia e libertà senza nessuno sforzo da parte vostra, potreste anche in un domani perderle facilmente. Più facilmente di quanto non crediate. Non c'è bisogno oggi di manganelli o di carri armati per distruggere democrazia e libertà, bastano anche le armi insidiose di una propaganda ben manovrata. State attenti. State vigili”(Antonino Caponnetto)

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LETURA GUIDATA DELLA COSTITUZIONE:

ART 1

 Di Luigi Sposato
La nostra Costituzione, il patto fondante della Repubblica, consta di Tre parti a loro volta composte da 139 articoli e 18 Disposizioni Transitorie e Finali.
Le disposizioni transitorie e finali costituiscono un’appendice e sono servite a disciplinare e coordinare il passaggio dalla vecchia Costituzione -lo Statuto Albertino- alla nuova, quella oggi vigente.
In realtà, parlando di Costituzione vera e propria, ci si riferisce normalmente solamente alle due sole prime parti divise in 139 articoli.
Iniziamo ora una lettura della Carta che, col contributo di quanti vorranno partecipare, ci porterà alla fine ad una migliore conoscenza della nostra Legge fondativa.
Non essendo comunque io, né un giurista né un addetto ai lavori, questo lavoro vuole solo essere un punto di partenza e null’altro e non ha pretese esaustive dell’argomento… anzi . tutti i contributi saranno benvenuti. Dunque al lavoro. E speriamo che alla fine risulti piacevole prima che utile.... Mostra tutto

Parte 1^
Art. 1: L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

E’ un articolo di tipo assertivo che ci dice cosa siamo noi tutti, dovendosi la nazione Italia in questo caso intendere come l’unione di Popolo e Territorio. Siamo dunque una Repubblica democratica fondata sul lavoro, in contrapposizione alla Monarchia da cui venivamo e che si fondava, invece, sul censo. Qui il lavoro, su cui si fonda la Repubblica, indica l’insieme delle attività che una volta messe in atto, danno all’individuo la possibilità attraverso la giusta retribuzione, di avere una vita sociale e di mantenere con dignità se stesso e la propria famiglia, come vedremo anche più avanti in questa lettura.
Il secondo comma (così si chiamano in diritto i periodi o capoversi di cui si compone una frase detta articolo) dice che la Sovranità appartiene al Popolo, e non potrebbe essere altrimenti per una Costituzione che nasce in contrapposizione ai principi del Fascismo e della Monarchia dove la Sovranità o meglio il Potere era invece concentrato in una sola figura –il Re o il Dittatore-.
Ma la Sovranità, in ossequio al principio della suddivisione dei poteri che è ciò che sta alla base di ogni vera moderna Democrazia, non è più assoluta e il suo esercizio è limitato dalla Costituzione medesima.
  ART 2
Di Luigi Sposato
eccoti l'art 2 e le idee per come andare avanti con la lettura. ciao.
Le prime due parti della Costituzione, inoltre, sono divise in Principi Fondamentali, che comprendono i primi 12 articoli, ed in altri 6 Titoli. Tratterò i Principi Fondamentali, come sto facendo, articolo per articolo con la sola eccezione degli artt. 7 ed 8 che trattano della medesima materia e che tratterò assieme. Per la restante parte raggrupperò di volta in volta gli articoli servendomi in linea di massima della suddivisione in Titoli e ove necessario per singole Istituzioni. e / o funzioni.

Parte 1^ Principi Fondamentali

Art. 2: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. ... Mostra tutto

Enunciato cosa siamo con l’art 1 ecco che, da subito, i Costituenti si preoccupano di enunciare un principio che sarà poi ripreso anche dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, che essendo stata emanata il 10 dic 1948, alla nostra Costituzione è successiva ed ad Essa spesso si rifà più o meno apertamente. Questo principio è quello della centralità dell’individuo, qui visto oltre che come singolo anche come entità capace di socializzare (Associazioni, Partiti, Sindacati, Fondazioni) insomma ovunque ci sia necessità di svolgere la propria personalità facendo gruppo. In atl senso anche noi che ci incontriamo in Facebook siamo statio “previsti” e considerati meritevoli di attenzione dai Padri Costituenti. (Faccio qui una pausa per dire che una delle caratteristiche che gli studiosi attribuiscono alla nostra Costituzione è la capacità di prevedere fenomeni che all’epoca non erano presenti e quindi anche FB, come vedremo in seguito.

Il secondo comma (possiamo considerare la e come disgiuntiva) dice inoltre che all’uomo così considerato corre il dovere inderogabile della solidarietà, ovviamente verso gli altri. Ed è quello che accade in presenza di calamità quando volontari e raccolte fondi non scarseggiano mai e spesso suppliscono ai ritardi dell’Amministrazione.
L’articolo è sicuramente uno dei principi più significativi della Costituzione Repubblicana: esso è il portato dei valori che discendono dalla rivoluzione francese (Liberté, égalité et fraternité) e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
La proclamazione del principio di uguaglianza segna una rottura decisa nei confronti del passato, quando la titolarità dei diritti e dei doveri dipendeva dall’estrazione sociale, dalla religione o dal sesso di appartenenza. Nell’art. 3, bisogna distinguere il primo comma che sancisce l’uguaglianza in senso formale, dal secondo che riconosce l’uguaglianza in senso sostanziale.
Nell’uguaglianza “formale” trova espressione la matrice liberale della democrazia Italiana, in quella “sostanziale” si rivela il suo carattere sociale.
Uguaglianza formale vuol dire che tutti sono titolari dei medesimi diritti e doveri, in quanto tutti sono uguali davanti alla legge e tutti devono essere, in egual misura, ad essa sottoposti. Le varie specificazioni «senza distinzioni di» furono inserite affinché non trovassero posto storiche discriminazioni, quali, ad esempio, la divaricazione dei diritti tra uomini e donne, alla quale intendeva porre fine l’affermazione di un’uguaglianza «senza distinzioni di sesso». Così, l’uguaglianza «senza distinzioni di razza» serviva a preservare l’ordinamento costituzionale, mettendolo al riparo dall’infamia delle leggi razziali.
Tuttavia, la nostra Costituzione non si arresta al riconoscimento dell’uguaglianza formale: essa va oltre assegnando allo Stato il compito di creare azioni positive per rimuovere quelle barriere di ordine naturale, sociale ed economico che non consentirebbero a ciascuno di noi di realizzare pienamente la propria personalità. Questo passaggio concettuale è pregnante, poiché consente di affermare che le differenze di fatto o le posizioni storicamente di svantaggio possono essere rimosse anche con trattamenti di favore che altrimenti sarebbero discriminatori. In Italia, le azioni positive sono state utilizzate soprattutto per le discriminazioni di genere, contro le donne.
Attraverso l’uguaglianza sostanziale, lo Stato e le sue articolazioni si assumono l’impegno di rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini: questo non significa che il compito dello Stato sia quello di tendere verso un malinteso egualitarismo, inteso come uguaglianza dei punti d’arrivo, dove l’individuo finirebbe per essere annichilito, schiacciato dal peso di una società di eguali. Il compito dello Stato è invece quello di agire concretamente per metter tutti nelle stesse condizioni di partenza, dotando ognuno di pari opportunità per sviluppare e realizzare pienamente e liberamente la propria personalità.
Il carattere aperto del principio di uguaglianza ha consentito alla giurisprudenza della Corte Costituzionale di adeguare continuamente il quadro dei diritti e dei doveri all’evoluzione economica e sociale del nostro Paese. Il principio di uguaglianza è stato declinato in un generale divieto di discriminazione; si discrimina quando si trattano in maniera uguale situazioni diverse, ovvero quando si trattano in maniera diverse situazioni uguali. La disparità di trattamento è consentita solo quando le differenze sono stabilite dal legislatore in modo ragionevole ed obiettivo. Attraverso il canone della ragionevolezza, vero cuore del principio di uguaglianza, i divieti di discriminazioni sono stati estesi, per via giurisprudenziale, agli orientamenti sessuali, all’appartenenza ad una minoranza, all’handicap, all’età.
L’uguaglianza è un obiettivo tendenziale che deve essere difeso e tutelato soprattutto quando, come oggi, esso risulta al centro di un attacco incrociato, sia nella sua accezione formale che sostanziale.
PARTE PRIMA PRINCIPIPI FONDAMENTALI
Art. 4: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Torna il tema del lavoro -e tornerà in appresso- ma qui il lavoro è un diritto che la Repubblica riconosce ai suoi cittadini e si adopera affinché questo diritto sia vero e reale.
Si sottintende l’adozione di scelte di politica ecomonica che rendano tale diritto veramente per tutti.
In tempi di grave crisi economica, come quelli che viviamo, ad esempio, si può ritenere che rimanere fermi ad attendere che la crisi passi da sola; magari con l’aiuto della ripresa delle economie degli altri paesi che comporterà, ovviamente un aumento delle nostre esportazioni per effetto dell’aumento della domanda estera; non sia un atteggiamento solo miope ma disattenda le disposizioni di cui a questo articolo.
Gli altri escono dalla crisi perché hanno investito nella ricerca, nel sostegno ai consumi interni il cui andamento influisce direttamente sulla capacità produttiva di un Paese, nell’economia verde, in energia (magari alternativa e rinnovabile), in una parola hanno adottato scelte economiche precise che comportano anche un cambiamento nei propri stili di vita, mentre noi rimaniamo ad attendere passivi che tutto finisca ad onta di questi precetti costituzionali.
Alla repubblica, poi, è fatto onere di rendere effettivo il diritto al lavoro per i cittadini; ai cittadini incombe l’obbligo, di cui al 2° comma, “di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
E questo perché diversamente, se cioé non Vi è, oltre all’impegno pubblico, il concorso dell’iniziativa privata individuale o di gruppo (ricordiamoci dell’art 2), non si migliora e, ad esempio, si mantiene sempre lo stesso identico potenziale tecnologico, che però in un mondo in continua evoluzione è come rimanere indietro e non poter più competere condannandosi a posizioni di retroguardia ed in definitiva ad un aumento della disoccupazione e/o della non occupazione (Cassa integrazione, sussidio di disoccupazione ecc).
Altro che diritto al lavoro per tutti; è questa è responsabilità del Governo in carica. 

 artt. 5 e 6


Parte 1^ Principi Fondamentali

Art. 5: La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.
Art. 6:La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.
Accorpo due articoli che mi sembra si occupino di cose complementari tra loro:
le autonomie locali e le minoranze linguistiche.
L’art 5 inserisce, oltre al concetto di unicità ed indivisibilità dello stato, quello delle autonomie locali e del decentramento amministrativo, dunque le basi ad esempio del federalismo anche fiscale.
(ho già detto che tutti i principi fondamentali verranno poi ripresi dall’articolato Costituzionale vale anche per questo articolo; ci ritorneremo; qui ne accenniamo solamente)
Inoltre qui abbiamo la tutela delle minoranze linguistiche (art 5) ma credo si possa dire non solo linguistiche. Ad ogni modo i due articoli si legano perchè trovano attuazione pratica ad esempio nelle Regioni a Statuto Speciale (almeno per Valle d’Aosta, minoranza francofona e, anche se meno conosciuta, walser, nella Valle di Gressoney; e per il Trentino, minoranza di lingua tedesca, che sfocia addirittura nel concetto di Provincia autonoma -che poi sono due Trento e Bolzano-
Altre minoranza linguistiche esistono, e sono del pari tutelate da questo articolo, in Friuli – Venezia Giulia, minoranza slave, in Calabria e Sicilia, minoranze albanesi, preesistenti al fenomeno di migrazione degli ultimi anni del secolo scorso e ben radicate in quei territori tanto esistono paesi che nel nome hanno il termine albanese (ad esempio San Giorgio Albanese in Calabria (Cs) o Piana degli Albanesi in Sicilia (Pa), e l’elenco non è esaustivo.
Testimonia e istituzionalizza quindi l’art. 5 la capacità degli Italiani di accogliere lo straniero che si presenta alle nostre porte bisognoso di aiuto o in cerca di diritti negatigli in Patria (asilo politico). Vedremo meglio, ed in seguito, anche questo.
Ultima considerazione; come si concilia il disposto dall’art 5 con la politica di respingimento dei barconi di immigrati che tentano si sbarcare sulle nostra coste?
L’accoglienza è dunque sancita nella Costituzione e non vi è alcun bisogno quindi di invocare la pietas o la carità Cristiana, e NON A CASO!!!!; poiché LA NOSTRA COSTITUZIONE rappresenta la mirabile sintesi delle tre scuole di pensiero che erano presenti tra i Padri Costituenti e cioè il pensiero cattolico, quello socialista e quello liberale. Infine voglio ricordare qui le parole di Don Luigi Gallo sacerdote della Parrocchia di San Martino al Campo, in quel di Genova, che al suo Vescovo che lo ascoltava in apprensione (Don Gallo è stato Partigiano ed è un “sacerdote di strada” come a dire un prete scomodo) diceva di aver trovato una nuova preghiera che tutte le mattine recitava (e credo ancora reciti) coi suoi “ragazzi difficili”:
I PRIMI 12 ARTICOLI DELLA COSTITUZIONE ITALIANA.
I NOSTRI “PRINCIPI FONDAMENTALI”.
Parte 1^ Principi Fondamentali
Art.7: Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

Art. 8: Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

Siamo di fronte al primo degli articoli che riguardano le Convenzioni internazionali, l’art 7 ed alla dichiarazione di aconfessionalità dello Stato Italiano l’art 8. Dunque l’art 7 contrappone lo Stato alla Chiesa Cattolica che “SONO, CIASCUNO NEL PROPRIO ORDINE, INDIPENDENTI E SOVRANI”. Significa che non vi può essere ingerenza di uno Stato negli affari interni dell’altro e che quando lo Stato italiano legifera lo fa in applicazione di una sua potestà interna e la Chiesa Cattolica (intesa come potere temporale allo Stato contrapposto) non può pretendere di dar valere i principi del proprio Magistero non può cioè pretendere di parlare “ex cattedra”.
Quando uno Stato sovrano adotta una Legge, questa per definizione deve valere “erga omnes” cioè PER TUTTI e non solo per una parte, né, tanto meno; una parte può pretendere di prevaricarne un’altra e far assurgere il proprio credo/ideale a disposizione di Legge valida per tutti; saremmo in presenza di una Legge “ ad personas” (che favorisce cioè un gruppo di persone rispetto a tutte le altre). Né ancora può addursi a pretesto di ciò l’essere maggioranza perché contrasterebbe col principio della’universalità delle Legge (validità , “erga omnes”) ma anche coi diritti della minoranza che pure abbiamo visto essere invece ritenuti meritevoli di tutela giuridica dalla Costituzione. Rimane il problema della propria coscienza, che non può essere risolto per Legge, sarebbe, ancora una volta, una Legge “ad personam” o tutt’al più “ad personas” Del resto il tipo di Leggi su cui lo scontro, tra i due Stati, avviene riguarda quasi sempre Leggi che non impongono nulla, né PREVEDONO PENE PER IL LORO MANCATO RISPETTO, e che quindi il cittadino italiano che, sia anche fedele cattolico, può tranquillamente scegliere di non seguire come ad esempio, tra quelli già vigenti, il divorzio o l’aborto o l’uso della pillola RU 486.
Che poi le disposizioni dell’art 7 siano concepite per regolare i rapporti tra Stai sovrani risulta chiarissimo dal “combinato disposto” –in diritto si indica con quest’espressione l’applicazione in contemporanea di più commi o articoli di Legge anche diverse tra loro- del 2° e 3° comma dello stesso articolo che stabiliscono che le modifiche ai Patti Lateranensi, laddove concordate tra le Parti, “non richiedono procedimento di revisione costituzionale”. Vanno cioè ad incidere direttamente sulla Carta. Se non è questo un accordo tra Stati Sovrani!?. A me sembra addirittura un accordo di favore; infatti a nessun’altra confessione religiosa è accordato un simile privilegio.
Infine l’art 8 stabilisce l’uguaglianza per lo Stato italiano di tutte le Confessioni che in esso si professano e rimanda ad accordi con le singole chiese la regolamentazione dei rapporti con le stesse. Pone da subito invece un limite al loro proselitismo e cioé che “non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano”.
Se come dice Calamandrei la nostra Costituzione risale fino al risorgimento, come non sentire in quest’articolo riecheggiare le parole di Camillo Benso Conte di Cavour, e quindi, allora come oggi:
“LIBERA CHIESA, IN LIBERO STATO”.

ARTT 9 E 10

Di Luigi Sposato
Parte 1^ Principi Fondamentali
Art. 9: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Art. 10: l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.

Continuo nella lettura a due articoli per volta, riconosco che questa volta l’accostamento è però un po’ arbitrario.
La repubblica promuove lo sviluppo della cultura ecc … è proprio vero? Le recenti riforme di scuola (di ogni ordine e grado fino all’Università) i tagli alla ricerca nella finanziaria ultima vanno proprio nella direzione indicata da questo articolo? A me sembra di no!
2° comma (la Repubblica) tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico della Nazione, anche qui basta ricordare per tutti gli esempi di scempio i Condoni edilizi che si sono susseguiti e che si preparano all’orizzonte per capire come sia in atto lo scempio della Carta Costituzionale anche nei suoi Principi fondamentali, o prima parte, che a parole tutti dicono di voler salvaguardare.. a parole … appunto. Ma la tutela del Patrimonio ha anche un valore culturale di riconoscimento delle nostre radici, della riunificazione in un'unica Nazione di una serie di più o meno piccoli Stati i cui signori nelle vesti di novelli Mecenate hanno arricchito le loro capitali contribuendo così a quel fenomeno artistico culturale che è noto col nome di Rinascimento delle Arti e delle Lettere o più sinteticamente “RINASCIMENTO”. Possiamo, quindi, affermare che la nostra Costituzione trae le sue origini anche oltre il Risorgimento.
L’art 10 precede ed anticipa anche nello spirito pacifico (vorrei dire pacifista)dell’art 11 (come vedremo meglio domani) ma ha al suo interno alcuni elementi che meritano tutta l’attenzione di un lettore non distratto alla luce ad esempio della recente politica del Governo Italiano sull’immigrazione. Qui si statuisce il riconoscimento dei principi fondamentali del diritto internazionale come base cui il nostro ordinamento tende a conformarsi e tra tutti si enuncia chiaramente il diritto di asilo, cui fa da corollario, ed in funzione rafforzativa, l’impossibilità per le nostre autorità di pubblica sicurezza di negare l’estradizione allo straniero perseguitato per reati politici cioè allo straniero cui non sia riconosciuto in Patria il godimento dei diritti fondamentali (in tutto o in parte e pensiamo all’art 2 il diritto del singolo alla realizzazione di se stesso ad esempio ) che la nostra Carta accorda invece ai suoi cittadini.
Ma se non ci è consentito di rifiutare l’asilo politico, come si può pensare di respingere i barconi degli immigranti senza nemmeno cercare di stabilire se siamo di fronte a perseguitati? e se queste persecuzioni siano di carattere politico? Perché laddove fosse accertata anche solo in alto mare (ammesso che ciò sia tecnicamente possibile) l’esistenza della persecuzione politica questo articolo impone l’accoglienza di tale tipologia di immigranti/PROFUGHI e attribuisce loro, RARISSIMO SE NON UNICO CASO in tutta la Costituzione di riconoscimento di un diritto a non cittadini italiani, il DIRITTO ad essere accolti in Italia.
Ancora una volta, senza bisogno di precetti religiosi, la Costituzione Italiana ci rivela tutto lo spirito umanitario che la permea. 

 ARTT 11 E 12

PARTE 1^ PRINCIPI FONDAMENTALI
Art. 11:l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Art. 12: La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.
Siamo davanti, forse al più bell’articolo di tutta la Costituzione; il forse decade se i due articoli vengono letti insieme. Insieme infatti sono un vero INNO ALLA PACE ED ALLA LIBERTA’.
L’art 11 è di sicuro il più solenne se non il più bello. E’ bello sia per cosa dice sia per come lo dice. Il suo”incipit” (l’attacco, il preludio in una composizione musicale) è veramente MUSICA.
Tra parole per fare una frase, sicuramente minima come struttura grammaticale ma, di un’efficacia indiscutibile e di una chiarezza che non lasciano dubbi; direi che lasciano senza fiato.
“L’ITALIA RIPUDIA LA GUERRA”. Tre parole che meritano ciascuna di soffermarsi un momento a riflettere sul proprio significato. la Prima; … l’ITALIA … e la sola altra volta oltre all’incipit dell’art 1 “L’Italia è una Repubblica democratica ….” Che si trova in tutta la Costituzione e non è affatto un caso. Qui il soggetto l’Italia, però a mio avviso, differisce ancora da quello dell’art 1.Qui a quell’Italia sono da aggiungere, con buona pace di chi lo troverà retorico, tutti coloro che per l’Italia sono morti, anche in guerra, qui cioè il soggetto è l’insieme dei suoi cittadini viventi e del suo territorio (com’era per l’art 1) ma anche dei suoi morti per la libertà, l’indipendenza e per le guerre che in Suo nome sono state combattute.
Segue il verbo “RIPUDIA”; scrive il Presidente emerito della Repubblica O. L. Scalfaro nel suo libro “La mia Costituzione”, che ad esso si pervenne dopo lunghe riunioni e discussioni e che con esso si voleva sottolineare che si ripudia qualcosa che si conosce appunto la guerra da cui erano appena usciti. Ed eccoci così alla terza componente della frase il complemento oggetto: LA GUERRA. Si sceglie di ripudiare la guerra in tutte le sue sfaccettature che fino a quel momento si erano succedute e che ai Costituenti erano ben note; ricordiamole brevemente. C’era stata la Guerra per la conquista delle colonie -perché dovevamo avere un Impero-, la guerra seconda guerra mondiale ed infine c’era stata la Guerra di Liberazione (la Resistenza); ebbene credo che i nostri Legislatori abbiano inteso ripudiarle tutte nella loro interezza, dovendosi ritenere che la Guerra di liberazione sia stata comunque subita da un popolo che non aveva altri mezzi per liberarsi da un oppressore e da un regime dispotico come quello fascista. Ma credo che ancora una volta, la Carta sia stata preveggente dovendosi inserire a mio avviso nel ripudio della guerra anche quelle “guerre preventive”, quelle “coalizioni di volenterosi”, le “Guerre sante” e tutte le altre formule che si sono escogitate e quelle che ancora si escogiteranno per giustificarle.
Ma l’articolo non finisce qui, né potrebbe essere altrimenti, cosa succede se la guerra non la portiamo ma la subiamo? E’ semplice!, … in omaggio al principio della legittima difesa, previsto nell’ordinamento giuridico internazionale cui il nostro “si conforma” art 10, l’ITALIA, MANCO A DIRLO, si difende ed ecco quindi che si rende necessaria una prima specificazione o aggiunta al testo già così esaustivo; il rifiuto della guerra “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” Non la si può, cioè, escludere sempre e comunque. Ma poiché il fine primo e ultimo dell’articolo resta la PACE … ECCO CHE ARRIVANO ANCHE LA DISPONIBILITà AD ACCETTARE, OVVIAMENTE IN CONDIZIONE DI PARITà, LA LIMITAZIONE DELLA PROPRIA SOVRANITà PURCHé TESA AD ASSICURARE LA PACE E LAGIUSTIZIA.
Si creano così le basi per aderire anche a future organizzazioni internazionali che
abbiano tali scopi; si pensi alla Nato, alla Ue ecc.
Rimane l’art 12 che taluni, a mio avviso a torto, non vorrebbero ricompreso tra i Principi Fondamentali essendo esso la descrizione della bandiera. Ma cos’è la Bandiera se non il simbolo che racchiude in un unicum tutto ciò si è finora commentato?
Per restare solo all’art 11; forse che ai Reggimenti, a memento dell’onore con cui deve essere servita la Patria, non viene affidata la “BANDIERA DI GUERRA”? … e non è forse per quella bandiera che non vi é uomo di quel Reggimento, che in ogni tempo e luogo in cui “SOTTO LE SUE BANDIERE” è arruolato, non sia disposto a sacrificare la propria vita? Lo farebbe se quel vessillo fosse solo un pezzo di stoffa? Creo di no! Lo fa (è disposto a farlo laddove necessario) perché nel difendere quella Bandiera è convinto di difendere la sua Patria, i suoi ideali, la sua vita ed in definitiva l’insieme dei valori che costituiscono ciò in cui veramente crede.
I SUOI PRINCIPI FONDAMENTALI E QUELLI DELLA SUA COSTITUZIONE APPUNTO.
 Nella Toscano
Luigi concordo pienamente con Te sulla lettura di questi articoli della nostra Costituzione e mi piace il Tuo richiamo alla nostra Bandiera come simbolo della Patria per cui ogni uomo è disposto ad immolarsi per difenderla, perch... Mostra tuttoè nel difenderla "è convinto di difendere la sua Patria, i suoi ideali, la sua vita ed in definitiva l'insieme dei valori che costituiscono ciò in cui veramente crede."Leggendo questa Tua lettura degli art.11 e 12 della nostra Costituzione mi viene da chiedermi come abbiamo potuto permettere che bossi, borghezio e gli altri oltraggiassero i simboli della nostra Patria senza reagire, senza che gli stessi venissero denunciati per oltraggio alla Costituzione.Com'è possibile che nessuno, dico nessuno della sinistra, o di chi è preposto a garanzia della Carta abbia mai avuto niente da ridire e così piano piano, mattone dopo mattone la nostra Costituzione ed i nostri simboli vengono implacabilmente demoliti e ci ritroviamo in una dittatura, perchè di questo si tratta, soprattutto se va in porto il disegno scellerato di controllare internet, così come succede in Cina ed in Birmania. 
Parte prima DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI
TITOLO I - RAPPORTI CIVILI
Art. 13.
La libertà personale è inviolabile.

Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di Pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'Autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.

È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.

La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.

Art. 14.
Il domicilio è inviolabile.

Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.

Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali.

Art. 15.
La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.

La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.

Questi tre articoli sono accomunati da un pricipio: sono diritti inviolabili a meno che la Legge, qui simboleggiata dall'Autotità Giudiziaria, non disponga, con provvedimento motivato e nel rispetto delle garanzie, una limitazione al loro godimento.
Dunque, non si può limitare la libertà personale, nè si può sottoporre a censura la corrispondenzao le altre forme di comunicazione ad esempio le telefonate e meno ancora si può "violare il domicilio" a meno che non vi sia un apposito provvedimento dell'autorità giudiziaria. Nessuno può fare ciò che vuole, men che mai i Giudici in aoolicazione della Legge; ogni libertà, seppur sacra, è sottoposta ai vincoli della Legge cui, lo ricordo ancora, TUTTI I CITTADINI, NESSUNO ESCLUSO, sono (siamo) soggetti.
Oggi sembra superfluo dire ad esempio, ma attenzione solo sembra, che la libertà individuale, il domicilio e la corrispondenza siano inviolabili, di sicuro però non era così durante il Fascismo ed è il ricordo delle nefandezze perpetrate dai fascisti ai danni di inermi cittadini a far si che il primo diritto ad essere proclamato inviolabile sia proprio la libertà personale.
Nel secondo comma dell'articolo poi si elencano tutta una serie di garanzie che debbono essere rispettate quando un cittadino è privato della propria libertà. Esse vanno dal divieto di perquisizione di cui al 2° comma fino alla previsione della reclusione per chi queste garanzie, in realtà veri e propri diritti tutelati, non rispetti. Ma allora com'è possibile che non vi sia detenuto che, sia pure in privato, non racconti di vessazioni fisiche e o morali subite al momento dell'arresto e poi anche in carcere? Come ancora si giusitificano certe strane morti e o suicidi che avvengono nelle nostre carceri o comunque di cui sono vittime persone che erano affidate allo Stato? Ecco che allora ritorna il sembrare superfluo; forse, nella realtà quotidiana, troppe volte, e con troppa colpevole leggerezza, il dettato di quest'articolo non é rispettato da tutti coloro che invece vis ono tenuti. Inoltre,e sempre a garanzia dei più deboli, ben memori di cosa si era subito ad oepra della polizia segreta (l'Ovra), l'articolo si chiude con un rassicurante quanto categorico:
"La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva."
Degli altri due articoli ricordo solo che sono frutto diretto del loro sistematico non rispetto in epoca fascista e che servono comunque a stabilire un corredo di diritti, direi un'area privata, assolutamente tutelata- inviolabile - a meno che non si creino i presupposti per un intervento limitativo da parte dell'Autorità Giudiziaria.
 ARTT 16 - 20
Art. 16.
Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza.

Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.

Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.

Art. 17.
I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi.
Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.

Art. 18.
I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale.

Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.

Art. 19.
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.

Art. 20.
Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.


Inizia qui la parte dedicata ai Diritti esercitabili non più individualmente ma in gruppo con la sola eccezione dell'art 16 che chiude idealmente la parte precedente. Vi si stabilisce la libertà di movimento per i cittadini sia in Patria che all'estero tranne nei casi di Quarantena (motivi di salute). Si ribadisce la non discriminabilità per motivi politici (é sempre il Fascismo che torna),
Con il 17 la libertà di riunione, inizia la parte dei diritti esercitabili in gruppo. Non vi è limite ne richiesta di autorizzazione per l'effettuazione di riunioni e per il libero raggrupparsi tranne l'obbligo di segnalazione all'Autorità per le riunioni in luogo pubblico che può vietarle "per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica." Il secondo comma dell'art 18 proibisce poi le Associazioni che perseguono scopi politici con organizzazioni paramilitari e quelle segrete ad esempio Logge Massoniche coperte o organizzazioni terroriristiche.
GLI ART 19 E 20 NELLA LORO CHIAREZZA NON NECESSITANO DI PARTICOLARI SPECIFICAZIONI; stabiliscono la piena libertà di culto e l'assoluta uguaglianza dei vari riti per lo Stato italiano e vietano eventuali pratiche contrarie al buon costume e sottinteso alla Legislazione vigente.L'art 20 inoltre stabilisce come una fede, qualunque essa sia, non possa essere sottoposta a speciali vicvoli e o discriminazioni che ne ostacolino la professione, doovendosi ritenere che tutte le Fedi siano portatrici di uguale dignità e nessun cittadino italiano abbia ad ottenere privilegi per la religione che professa.
 ARTT 21 E 22
Art. 21: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'Autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'Autorità giudiziaria.

Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

Art. 22: Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome.


PREMESSO CHE OGNI LAVORO DI ACCORPAMENTO NON PUò CHE ESSERE ARBITRARIO E DUNQUE ANCHE QUESTO LO é TUTTAVIA LA LETTURA ASSIEME (combinato disposto) di questi due articoli ha una valenza oggettiva. Essi infatti chiudono la fase dell'enunciazione dei diritti individuali e non; in seguito si passerà alla loro difesa quando l'esercizio sia ostacolato o peggio negato. E allora vediamoli da vicino;
l'art 21 è da tutti considerato l'articolo del diritto alla libertà d'opinione, ma non è solo questo è anche l'articolo che tutela la libertà di manifestare con qualsiasi mezzo ( anche la Rete) le proprie idee o libertà di espressione, ma anche la libertà di libera informazione. Vieta la censura, la chiusura dei giornali senza provvedimento dell'autorità giudiziaria e quando ECCEZIONALMENTE ciò si verifichi impone tempi strettissimi e certi perchè venga avvertità l'Autorità Giudiziaria, che deve valutare se confermare o meno il provvedimento. Si stabilisce inoltre il principio della trasparenza dei finanziamenti ai giornali e ciò perchè è giusto che si sappia a chi un giornale risponde e soprattutto per evitare che i giornali siano prede di poteri occulti che potrebbero attraverso il loro controllo MISTIFICARE O PIEGARE I FATTI E LE NOTIZIE A FINI DIVERSI DALL'INFORMAZIONE. Segue il divieto di pubblicare notizie che offendano il buon costume. Articolo importantissimo per una corretta informazione che è anche la base di una buona Democrazia. L'anelito di libertà che sale forte da quest'articolo trova poi conferma e rafforzamento nel successivo art 22.
"Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome."
C'é nella linearità di questo enunciato una forza ed una chiarezza che lo fanno solenne. Nessuno può essere privato, per motivi politici, del nome; come non pensare a cosa succedeva nei lager tedeschi dove appena entrato dopo la privazione dei vestiti, che è già di per sè stessa una forma di tortura, ti veniva impresso un numero e da quel momento l'uomo così marchiato, a mò di bestia, smetteva di essere un uomo per divenire appunto più simile ad una bestia. E quanto ancora suona beffardo quel "Il Lavoro rende (uomini) liberi" che sovrastava l'ingresso di Auschwitz se pensiamo che quei detenuti o meglio quegli internati non avevano più alcun diritto da far valere né alcun altro scopo per lavorare che quello si sopravvivere. Sopravvivere per raccontare, perchè NON ABBIA PIù A RIPETERSI perchè come dice P Levi ricordate "che questo è stato"
 Luigi Sposato
Art. 23: Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.
Art. 24: Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.
Art. 25: Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.
Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.
Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.
Art. 26: l'estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni
internazionali. Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici.
Art. 27:La responsabilità penale è personale.l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.
Art. 28: I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti.
In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.

Gli articoli che precedono sono importantissimi fissano alcune libertà ed alcuni principi che sono pietre angolari su cui poggia l'intero ordinamento giuridico. Ad esempiol'universalità della capacità di adire la legge (art 24 1° comma) IL DIRITTO ALLA DIFESA IN OGNI GRADO DI GIUDIZIO (2° comma) il cosidetto "patrocinio gratuito" (con espressione latina "cara" agli avvocati che devono farlo gratis "PRO BONO" ) per gli indigenti che é cosa ancora diversa dal difensore d'ufficio. Con il successivo articolo incontriamo il principio della non punibilità se non per fatto cotemplato come reato o delitto, in altre parole perchè ci sia punibilità deve esserci infrazione a norme già vigenti se il fatto diviene punibile solo in forza di una Legge sopravvenuta, successiva cioè a quando è stato compiuto, esso non sarà più punibile.L'ART 25 affferma il principio del Giuidce naturale o precostituito cioè La previsione a priori del Giudice competente a garanzia della sua "Terzietà" (imparzialità), tuttavia in caso di dubbio sull'oggetività del Magistrato incaricato di procedere ("legittima suspicione") si può chiedere che lo stesso venga sostituito (ricusazione) con altro ritenuto più imparziale. C'é poi latutela del diritto alla libertà di opinione politica (già affermato in precedenza) ma che viene ribadito attraverso la disciplina dell'estradizione del cittadino italiano che viene concessa solo su base di accordi internazionali (che solitamente prevedono la reciprocità) e comunque mai per reati politici.
L'art 27 porta in dote due principi basilari per il Diritto e cioè la responsabilità penale personale e la "PRESUNZIONE D'INNOCENZA" fino a che la sentenza mom sia passata in giudicato (definitiva). LA RESPONSABILITà PERSONALE SIGNIFICA NON POTER ADDURRE GIUSTIFICAZIONI DEL TIPO ME LO HA CHIESTO/MI HA MANDATO mi ha convinto ECC. In questi casi, infatti, l'autore viene perseguito per ciò che ha fatto o detto o omesso di fare e, laddove provato che davvero c'é stato un mandante quest'ultimo sarà a sua volta perseguito per ISTIGAZIONE, SFRUTTAMENTO O COMPLICITA' O CHIMATO IN CORREO a seconda dell'ipotesi delittuosa che ricorra.
Una volta condannati si prevede poi la "qualità" della pena; essa deve essere rieducativa: tendere cioè al recupero del colpevole. Quindi non potrà mai essere la "PENA DI MORTE". LO STATO NON INTENDE INFATTI ELIMINARE UNO CHE HA SBAGLIATO MA CREDE SUO DOVERE RECUPERARLO ALLA VITA CIVILE. Unica eccezione il codice militare in tempo di guerra. In origine era prevista un'altra eccezione anche per il tempo di pace ma poi nell'ottica della rieducazione non la si é più considerata come pena umanitaria, secondo quanto stabilito dal comma precedente, ed é stata abolita. C'é poi la disciplina dei delitti compiutui da funzionzri "infedeli" dello Stato. La responsabilità penale cede in capo a Loro, ("la responsabilità penale è personale) ma per i danni in sede civile la responsabilità si estende allo Stato o all'ente cui il reo apprtiene che ne rispondono in solido. 
   Artt 29 - 31
 Luigi Sposato
Parte prima TITOLO II - RAPPORTI ETICO-SOCIALI
Art. 29: La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.
Art. 30: È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.
Art. 31: La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.

La seconda parte tratta dei diritti civili e in questi articoli segnatamente della famiglia e dei diritti dei suoi componenti. Spesso su questi diritti sorgono i conflitti all'interno degli schieramenti presenti in Parlamento perchè si tendere a confondere (qui nel senso di mescolare senza discernimanto, alla rinfusa) cose diverse tra loro come i diritti ed i precetti religiosi. Fatta questa premessa riprendiamo la lettura dall'art 29 ovvero "la famiglia". La Costituzione la riconosce in quanto "società naturale fondata sul matrimonio" che qui è da intendersi nella sua forma di "Contratto" così come prevista dalla nostra Legislazione, tanto che, anche nella celebrazione del matrimonio cosiddetta "Concordataria" o rito religioso, quest'ultimo non solo non è da considerarsi come Sacramento, come indubbiamente è per i Cattolici, ma nemmeno in contrapposizione al Contratto giuridico. Infatti la conclusione del Matrimonio religioso di per sè non avrebbe validità anche giuridica se non fosse appunto integrata dalla lettura degli artt. di Legge che regolano per l'Ordinamento Giuridico Italiano il contratto matrimoniale. In altre parole il matrimonio cui ci si riferisce in questo articolo non è quello religioso (il Sacramento) ma quello giuridico; altrimenti non sarebbe valido, ad esempio, (nè tra i coniugi nè per i terzi) il matrimonio tra persone di rito religioso diverso (matrimonio misto). L'articolo poi stabilisce la parità giuridica tra comiugi (in omaggio a questo principio per esempio oggi la qualifica di Capo Famiglia é attibuita ai soli fini anagrafici /prima non era così). C'è poi il diritto dei figli­dovere dei genitori ad essere mantenuti (come per altro riaffermato recentemente dalla Cassazione anche nei confronti dei figli maggiorenni) Laddove i genitori non ci riescano provvede la Legge. (si pensi qui alla figura del Tutore o del Giudice Tutelare nei confronti dei minori o degli "incapaci" qui inteso in senso giuridico cioè come non capaci a far valere i prorpri diritti).
Vi è ancora la previsione dell'uguaglianza tra figli nati dentro e fuori dal matrimonio.
L'art 31 che agevola la formazione della famiglia; taluni hanno inteso trovare in questo articolo il supporto alla tesi che l'unica famiglia prevista dal Legislatore Costiuente sia quella "normale" basata sul matrimonio tra un uomo ed una donna a discapito di ogni altra forma di famiglia. Non credo che questa tesi sia corretta; se così fosse, infatti, che ne sarebbe della famiglie monoparentali, implicitamente presenti in questo articolo quando si parla di famiglie numerose, cui semmai si deve riconoscere una sorta di maggior preoccupazione da parte del Legislatore che però non esclude tutte le altre famiglie etro od omosessuali mono o pluriparentali cioè tutte le famiglie e quindi anche quelle non organizzate in matrimonio (famiglie di fatto). Naturalmente tutta questa area, non essendo stata più regolamentata dalle Leggi ordinarie, configura una mancata attuazione di questa parte della nostra Costituzione cui da tempo immemorabile si cerca di provvedere ma che trova sempre l'ostacolo di una parte del Parlamento Italiano quella rappresentata dai cattolici che non vogliono che sia riconosciuta altra famiglia se non quella "normale". Mi auguro che si trovi invece la forza di normare questi aspetti com'è giusto che sia in una moderna e civile Democrazia. Duversamente saremmo di fronte ad uno Stato, se non confessionale quanto meno, "Etico";
per dirla con le parole usate di recente su questo tema dal Presidente della Camera dei Deputati On.le G. Fini.
 
ART 32
PARTE PRIMA TITOLO SECONDO RAPPORTI ETICO-SOCIALI

Art. 32: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

E' un altro articolo che non ha trovato attuazione completa, a tutt'oggi infatti, e nonostante le periodiche dichiarazioni più o meno a proposito del fine vita, non è STATA ANCORA VARATA UNA LEGGE
che disciplini l'argomentro. A maggior chiarimento poi del mio pensiero di seguito riporto due note scritte (e apparse sulla stampa locale) sulle due vicende che più di tutte sono state ed ancora oggi sono emblematiche delle difficoltà che incontra oltre al Legislatore anche chi vive sulla propria pelle certe situazionio che di umano a mio avviso hanno proprio ben poco quelle di Pier Giorgio Welby e di Eluana Englaro. Mi rendo conto che non è proprio una lettura in chiave strettamente giuridica ma tuttavia credo che meritino ugualmente di essere condivise e, spero, discusse tra noi.

Se questa è … “vita” ?!?!
La malattia di Piergiorgio Welby è uscita dalla sfera privata ed ora è su tutti i giornali.
Da giorni leggiamo delle sofferenze indicibili che quest’uomo è costretto a sopportare:
- Non parla più … per comunicare si serve di un computer;
- Non mangia più … per nutrirlo si ricorrere all’alimentazione forzata a mezzo di una sonda;
- Non beve più … anche qui servono mezzi artificiali per riequilibrare i liquidi del corpo;
- Non cammina più … ormai da tanti anni giace a letto;
- Non respira più da solo … è attaccato ad un apparecchio per la ventilazione polmonare;
- Non è in grado di svolgere alcuna attività fisiologica … tuttavia cuore e cervello funzionano;
…. QUINDI PIERGIORGIO WELBY E’ VIVO!!! … E …. VIVE.
Ed indubbiamente la linfa che scorre nel suo corpo e, più ancora, i macchinari cui è attaccato lo tengono in vita.
Ma Piergiorgio Welby ritiene, e come dargli torto, che questa forma di vita non sia dignitosa e non meriti di essere vissuta perché non è più Vita Umana. E’ uno stato puramente vegetativo reso ancora più inaccettabile dal fatto che l’uomo riesce a pensare e capisce quanto sia inutile questo trascorrere del tempo che lo separa dall’evento ultimo che conclude la Vita: la Morte.
Ed allora scrive al Presidente della Repubblica perché si adoperi per porre fine a questa sua “vita”, che ogni giorno che passa, somiglia sempre più ad un inutile dolorosissimo martirio. Ma la Legge Italiana non prevede alcuna forma di intervento ed il Presidente della Repubblica nulla può fare.
Però la richiesta, e l’eco che suscita, ha l’effetto di smuovere le acque ed ecco che si comincia/si ritorna a parlare (succede periodicamente) di Eutanasia, Testamento biologico e di staccare la spina; intendendo con questa espressione la possibilità di rinunciare a cure che, non avendo alcuna possibilità di procurare la guarigione, sanno di accanimento terapeutico o comunque rappresentano meri palliativi. Naturalmente la complessità dei problemi che pone l’argomento (di coscienza, di Fede) ha provocato una netta divisione tra favorevoli e contrari a disciplinare per legge la richiesta di Welby. E non è mancato chi ne ha fatto oggetto di speculazione politica. E’ mia opinione che su un tema così delicato che investe il primo, e più grande, dei diritti umani: il diritto alla vita ed a disporre liberamente della stessa, non si possa intervenire per Legge solo per dire semplicemente se è lecito o illecito. Né, solo, per porre un limite al diritto di curarsi o meno, e che quindi la Legge debba lasciare al “Libero Arbitrio” di ciascuno la Scelta Finale. Del resto almeno nel caso di specie non sarebbe stato lo stesso Welby a staccare la spina? … se solo gli fosse stato possibile. E chi mai avrebbe potuto impedirglielo? D’altro canto perché si ammette che in casi come questo i famigliari possano decidere, in silenzio e quasi cospirando, al posto dell’ammalato? E perché mai una simile dolorosissima scelta dovrebbe essere lasciata ai famigliari e non rientrare nei diritti dell’ammalato? Forse per motivi religiosi? E se uno non è religioso? Perché imporgli il rispetto di norme dettate da una Fede che non condivide? Non è forse un simile atteggiamento frutto di pura ipocrisia?.
Un argomento così importante non può che chiudersi così; con degli interrogativi aperti ai quali non mi sento di rispondere per gli altri. Per quanto mi riguarda invece, la risposta è chiara; se dovesse succedermi vorrei poter disporre della mia vita; il che non significa automaticamente che vi rinuncerei. Chiudo con una certezza: questo e tanti altri argomenti, che ci turbano profondamente, non possono più essere ignorati ma devono essere affrontati e regolati dal Legislatore.

C’è stato (d’animo, vegetativo permanente) e Stato (Stati indipendenti)
Credo che non esista al mondo dolore più grande di quello di un genitore che abbia a subire la morte di un figlio. Ciò perchè considero una simile perdita una cosa contraria alla natura umana ed al normale svolgersi della vita stessa che, di solito, vede andarsene prima i più vecchi. Quando ciò non avviene si sovverte l’ordine delle cose e questo rende il dolore ancora più difficilmente consolabile. Quando poi la morte di un figlio viene dopo anni, addirittura oltre un decennio di agonia (stato vegetativo permanente) protratta “artificialmente” come ha detto la Cassazione e senza ragionevoli possibilità di recupero, credo che sia semplicemente straziante e sovrumana/inumana da sopportare. Quale supplizio è costretto a subire quel genitore che in aggiunta a tutto ciò dovesse essere chiamato Lui a decidere se e quando!. Di quali aiuti; psicologi, guide spirituali, consiglieri, bisognerebbe circondarlo per aiutarlo in una scelta che nessuno mai dovrebbe essere chiamato a fare, perché ancora più contro natura che vedere un figlio morire prima di sé, ed invece le suore che hanno in cura Eluana chiedono che venga lasciata alle loro cure, perché per loro è viva, del tutto incuranti del dolore che viene ulteriormente inflitto a quel genitore che implicitamente viene accusato, dopo oltre 16 anni?, di non voler più accudire sua figlia.
A tutto ciò penso se mi soffermo per un attimo ad immaginare lo stato d’animo di Beppino Englaro dopo la sentenza con cui la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal Tribunale di Milano volto ad impedire che Eluana possa andarsene. Egli infatti e sempre che ulteriori, già annunciati, ricorsi non lo impediscano, dovrà prendere quella decisione. Lo farà in silenzio e con dignità nella convinzione che questo era ciò che avrebbe voluto la sua amata figlia.
A quest’uomo è dunque dovuto rispetto e solidarietà, la solidarietà riservata ai meno fortunati,
il rispetto per chi si batte fino in fondo e senza compromessi per un principio o un’idea.
Questa la vicenda umana, altra cosa invece quella giuridico/politica.
Le autorità vaticane hanno tuonato, prima e dopo la sentenza, e con parole degne di altre cause, all’omicidio ed all’eutanasia, nel tentativo, fortunatamente non riuscito, di condizionare il giudizio della Corte. E meno male, perchè diversamente si sarebbe trattato di un potere di uno stato sovrano, la Magistratura repubblicana, che si conforma ai desideri di un altro stato sovrano, il Vaticano; in violazione della propria autonomia di giudizio e dell’art 7 della nostra Costituzione che afferma:
“Lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”. Invece sono corsi ad uniformarsi alcuni nostri parlamentari che sono giunti ad affermare, (On. Bocchino) che la Corte aveva sbagliato. Ma in cosa aveva sbagliato? Questa affermazione, a mio avviso, non tiene conto che la Corte giudica nel metodo e non nel merito. Nel caso specifico era stata chiamata a decidere sul ricorso del Tribunale di Milano avverso ad una precedente sentenza della stessa Cassazione con cui si stabiliva che si poteva staccare il sondino nasogastrico che “alimenta ed idrata” Eluana, rigettando il ricorso perchè la normativa vigente non gli riconosce tale facoltà.
Si pensi al riguardo che la sentenza si articola in ben 21 pagine di analisi e rinvii a norme e/o a sentenze precedenti della stessa Cassazione e della Corte Costituzionale nonché a principi Costituzionali (TRA GLI ALTRI IL DISPOSTO DALL'ART 32 2° COMMA), etici e morali a testimonianza della mole di lavoro svolto.
Infine, si rileva come la Cassazione a sezioni unite sia l’ultimo stadio di giudizio previsto dalla Legislazione Italiana per la difesa dei propri diritti e che quindi niente dovrebbe più ostacolare
il signor Englaro nel suo intento.

P.S.: iL RICHIAMO ESPLICITO ALL'ART 32 QUI TRA PARENTESI è STATO AGGIUNTO ORA.
  Artt.33 e 34
Titolo II - Rapporti etico - sociali
Art. 33: l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
Art. 34: La scuola è aperta a tutti. l'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso

Ed eccoci giunti ai due articoli che disciplinano un aspetto fondamentale per la crescita degli individui; La Cultura. L'art 33 si apre con un'affermazione di libertà categorica quanto chiara:
"l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento": Non solo ma l'insegnamento può esser sia pubblico che privato a condizione che quest'ultimo non comporti aggravio di spesa, nè altri obblighi per lo Stato. Vi è poi la previsione dell'esame di stato per la conclusione dei cicli scolastici e per l'esercizio delle professioni.
Con l'artr 34 il COSTITUENTE INVECE, NELLA CONVINZIONE CHE COSì SI PREPARA UNA VERA CLASSE DIRIGENTE, PUNTANDO CIOè SU QUELLA CHE OGGI SI CHIAMA "MERITOCRAZIA", stabilisce che i capaci ed i meritevoli devono poter raggiungere i più alti gradi nello studio anche se privi dei mezzi adeguati e si preoccupa di prevedere aiuti anche economici che rendano tale possibilità un vero diritto allo studio prevedendo, all'ultimo comma quasi per non ammettere repliche di alcun tipo da parte di alcuno, che "La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso". Come dire punto e basta. (Col prossimo articolo si passa infatti al Titolo Terzo – rapporti Economici, si parla cioè di tutt'altro. Questo è il cosiddetto "ascensore sociale", la possibilità cioè per tutti indistinatmente di migliorarsi, che è altra cosa da ciò che ancora di recente il Capo del Governo (On Berlusconi) dichiarava a proposito dei figli degli operai e dei professionisti che "non sono uguali"; mostrando così la propria ignoranza (qui nel senso lessicale di ignorare = non sapere, non essere a conoscenza) di ciò che in materia stabilisce appunto la nostra Carta 
 artt 35 - 40
 Luigi Sposato
  • Parte prima TITOLO III - RAPPORTI ECONOMICI
    Art. 35: La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
    Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.
    Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.
    Art. 36: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.
    Art. 37: La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.
    Art. 38: Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.
    I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
    Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.
    Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera.
    Art. 39. L'organizzazione sindacale è libera.
    Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di leggi.
    È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica.
    Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.
    Art. 40. Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano.

    Se la repubblica si fonda sul lavoro (art 1 1° Comma) e se il lavoro serve a realizzare l'uomo ed a mantenere la famiglia; il titolo dedicato ai rapporti economici non può che aprirsi con la regolamantazione del lavoro fino ad arrivare al diritto di sciopero, Così è l'art 35 che tutela il Lavoro ed il migliramento professionale del lavoratore e, ove tutto ciò non sia possibile in Patria, assicura il diritto ad emigrare. Detto della funzione sociale che il lavoro ha per la nostra Legge ecco che però bisogna sancire alcuni diritti del lavoratore, e, per evitare indebite forme di pressione da parte del datore di lavoro, renderli addirittura irrininunciabili. Più da vicino siamo di fronte al diritto al giusto salario, in proporzione a tipo e durata della prestazione, e comunque tale da garantire un'esistenza dignitosa al lavoratore ed alla sua famiglia e al diritto al riposo settimanale ed alle ferie annue rettribuite che sono appunto irrinunciabili.(Art 36). Detto questo, ed avendo ben presente la parità sostanziale tra tutti gli individui "senza distinzione di sesso" (art 3) non rimane che chiarire (ancora una volta ed "ad abundantiam") che gli stessi diritti, pari retribuzione, riposo e ferie spettano alla donna che lavora. In più, allorchè sia anche madre, le spetta anche un'adeguata tutela per sè e per il bambino. Da qui tutta la normativa, ad esempio, sui congedi di maternità,di recente estesa, sempre con riguardo all'art 3, anche al padre.
    Sempre a garanzia dei lavoratori, ad esempio contro ogni sfruttamento, la Carta prevede i limiti minimi di età per poter lavorare e, quando ciò sia possibile, stabilisce anche misure di salvaguardia per il lavoro minorile.(art. 37)
    Ma cosa accade ai cittadini che non siano in grado di lavorare? O che siano invalidi o comumnuqe impossibilitati a svolgere una qualche forma di lavoro? Come possono avere assicurata una esistenza dignitosa? Ecco che si prevedono Enti statali che con questo scopo specifico. Si pensi ad esempio all'Inail (infortuni sul lavoro che lascino le vittime invalidi in tutto o in parte) ed alle pensioni in invalidità. Ma si pensi anche come troppo spesso, di un istituto utile e necessario come questo, si sia abusato fino a faralo diventare un vero e proprio "ammortizzatore sociale". In certi casi addirittura facendone motivo di truffa e sfiorando l'assurdo come di recente nella vicenda di quel quartiere di Napoli con oltre 500 invalidi tra cui, ad esempio, ciechi che guidavano l'automobile.(art 38)
    Con gli articoli 39 e 40 il diritto al lavoro viene riconosciuto, oltre che individualmente, anche in forma collettiva. Ed ecco quindi la normativa sui Sindacati, art 39, cui non può essere imposto altro limite che quello dell'organizzazione democratica al propio interno; e veramente qualunque altro tipo di vincoloin questo caso sarebbe insostenibile alla luce delle libertà di associazione e di espressione sancita dagli artt 18 e 21 della Carta.
    Infine ancora una volta, quasi a chiudere idealmente un argomento, ecco un altro articolo essenziale ed assertivo quello sul diritto di sciopero (art 40) che implicitamente lo riconosce ed esplicitamente ne rimanda la regolamentazione ad una Legge ordinaria (per altro emamata solo abbastanza di recente).
    Per chiudere non resta che dire come questa parte derivi dal pensiero "SOCIALISTA" CHE è UNO DEI TRE A CUI LA COSTITUZIONE SI ISPIRA. LA PARTE PRECEDENTE AD ESEMPIO QUELLA SULLA FAMIGLIA SI RICHIAMAVA INVECE AL PENSIERO CATTOLICO. MENTRE QUELLA CHE REGOLA LE GARANZIE E' ATTRIBUIBILE AL PENSIERO LIBERALE.
    Con una punta di polemica, quindi, consentitemi di dire che la Carta non è affatto comunista, come qualcuno, anche di recente, ha inteso affermare.
     artt 41 - 47
    Parte prima TITOLO III - RAPPORTI ECONOMICI
    Art. 41: l'iniziativa economica privata è libera.
    Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
    Art. 42: La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
    La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.
    Art. 43: A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.
    Art. 44: Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà.
    La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane.
    Art. 45: La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità. La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell'artigianato.
    Art. 46: Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.
    Art. 47: La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito. Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.

    Continua la parte dei rapporti economici stabilendo che l'iniziativa economica è libera ma il suo esercizio non può contrastare con la Legge o con la dignità umana (no alla schiavitù del lavoro), nè può produrre danni alla vita umana. Qui il pensiero corre ai tre incidenti sul lavoro al giorno che mediamente si verificano nel nostro paese e che stridono con il dettato di questo articolo che vieta l 'attività quando risulti pericolosa per l'uomo e spiega anche forse il continuo ritorno su questi temi da parte del Presidente della Repubblica che vi vede, forse, oltre al lutto la non rispondenza alle normative
    costituzionali. (Art 41)
    Analoga previsione vale (art 42) per la proprietà anch'essa "pubblica o privata". La legge disciplina la sua fruizione sia nei modi di acquisto che in quelli di godimento arrivando a prevedere l'esproprio quando l'oggetto della proprietà sia di utilità sociale ovviamente dietro compenso(indennizzo).
    Si stabilisce che i beni economici possano essere di proprietà dello Stato, e qui pensiamo all'attualità, ad esempio, alla vicenda acqua pubblica o privata. E si fa riferimento anche alle norme ereditarie prevedendo la quota di legittima ed i diritti dello Stato in materia di eredità ad esempio subentrando, nel caso di rifiuto degli eredi designati, in un'eredità passiva o giacenteed anche alla previsione delle imposte di successione (poi abolite).
    Il successivo art 43 stabilisce e tutela l'interesse pubblico sulla proprietà di determinati beni; energia, comunicazioni (poi privatizzate almeno in parte).
    Coll'art 44 si arriva alla modernizzazione dell'economia agricola: Abolendo il latifondo, infatti, in forza di questa previsione Costituzionale, cambierà il volto ad esempio del meridione d'Italia dove Enti come l'Ente Riforma in Basilicata smantelleranno proprietà vastissime, utilizzate quasi solo per battute di caccia di ex nobili, in fiorenti zone agricole; per tutte l'agro Metapontino.
    Sempre da quest articolo discendono anche le Comunità Montane. L'art 45 riconosce e favorisce la cooperazione e tutela l'artigianato, comparto importantissimo della nostra economia basata com'è su medie, piccole e piccolissime imprese, quest'ultime in massima parte artigiane.
    Ancora l'art 46 riconosce ai lavoratori il diritto a partecipare alla gestione delle imprese lasciando alla legge ordinaria di disciplinarne i modi e le forma.
    Infine con l'art 47 si chiede la parte dei rapporti economici, ed ancora una volta, la chiusa avviene plasticamente con un articolo di tipo assertivo e (come mi piace dire) che non lascia dubbi inetrpretativi nella sua linearità: " La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme" ed inoltre favorisce la proprietà della casa di abitazione (questo potrebbe spiegare l'alta percentuale di proprietà della prima casa che abbiamo in Italia), la proprietà diretta coltivatrice e l'accesso all'azionariato nelle imprese.
    Favorisce cioè l'elevazione dell'individuo / cittadino, attraverso il Lavoro su cui la Repubblica si fonda (art 1), sia in dignità che in termini economici . 
    Parte prima TITOLO IV - RAPPORTI POLITICI
    Art. 48: Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. I
    l voto è personale ed eguale, libero e segreto.Il suo esercizio è dovere civico.
    La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l'elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge. Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.
    Art. 49: Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
    Art. 50: Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità.
    Art. 51: Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.
    La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.
    Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.

    Questa prima parte, con l'eccezione della qualifica di dovere civico attribuita al voto, può considerarsi come quella dei diritti politici; i restanti 3 articoli invece identificano doveri dei cittadini verso la polis, qui intesa come comunità e quindi Stato. Ed è proprio col primo di questi articoli che vanno sotto il Titolo di Rapporti Politici che, per la prima volta, anche in Italia arriviamo al "suffragio universale" cioè al diritto/dovere di voto esteso a tutti anche alle donne, (RICORDIAMOCI CHE LA COSTITUZIONE ENTRA IN VIGORE IL 1° GEN 1948); si stabilisce poi che il voto sia libero e segreto ed esercitabile anche dai cittadini residenti all'estero (anche, se com'è noto, perchè questa previsione si avveri bisognerà attendere i giorni nostri e la proposta di Legge Tremaglia di qualche anno addietro) sempre in quest'articolo si stabilisce che non si può essere privati del diritto di voto se non per Legge e per incapacità (anche questa riconosciuta dalla Legge).
    Una volta deciso che tutti possono votare, si riconosce anche il diritto di potersi associare in partiti per partecipare alla determinazione della vita politica (art 49) e che, (art 50) tutti i cittadini possono proporre petizioni alle Camere .
    Come naturale complemento, ed anche come riconoscimento dell'attività prestata nella Resistenza, poi con l'art 51 si estende alle donne anche l'"elettorato passivo"; il diritto cioè ad essere elette, in condizioni di assoluta parità con gli uomini, alle cariche pubbliche.
    Vi è poi il diritto alla conservazione del posto per chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive; diritto che trova fondamento nella carattere di servizio che è implicitamente collegato alla funzione pubblica, che per la Carta è, sia detto per inciso, va sempre svolta come servizio al cittadino, purtroppo però troppo spesso ciò non accade e la funzione pubblica è concepita invece come privilegio ed esercizio di potere a volte addirittura anche in danno/spregio degli aventi diritto.

    artt 52 - 54

    Luigi Sposato
    • Parte prima TITOLO IV - RAPPORTI POLITICI

      Art. 52: La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge.
      Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l'esercizio dei diritti politici. L'ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.
      Art. 53. Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
      Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.
      Art. 54. Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi.
      I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.

      Con gli articoli che parlano dei doveri, che vengono comunque dopo i diritti (non è un caso visto il carattere di garanzia che la Carta ha per tutti; Cittadini, Organi e poteri) si chiude il titolo dei rapporti politici; quindi parliamo qui di doveri politci, intesi come verso la Polis (la città greca che però era Città/stato) che quindi per traslato in epoca moderna viene ad indicare lo Stato sovrano. E primo tra tutti i doveri di un cittadino verso lo Stato viene la Sua difesa; non vi può essere Stato senza territorio e quindi il teriitorio va difeso e questa difesa è per il cittadino un "sacro dovere" , come afferma l'art 52. Ferme ovviamente le eventuali ragioni di obiezione anch'esse degne di tutela come abbiamo già visto.
      L'obbligatorietà del servizio militare non si riferisce più al vecchio servizio di leva oggi abolito e, come si sa, sostituito con un nuovo esercito più professionale e su base volontaria e ben retribuita (non era così per la vecchia naja) Essendo un "sacro dovere" ,inoltre, la Carta si preoccupa che nessun pregiudizio (qui inteso in senso giuridico di danneggiamento) possa derivarne a chi è tenuto ad adempiervi e quindi difesa del posto di lavoro e mantenimento dei diritti politici (intesi quasi come massima aspirazione cui tendere da parte di "boni viri" interessati alla buona amministrazione della Patria (la Res Pubblica dei Romani) e quindi a partecipare alla vita politica (della Polis).
      Inoltre le Forze armate di informano "allo spirito democratico della repubblica", non tramano cioè a favore di un eventuale suo sovvertimento nè assumono atteggiamenti pregiudizievoli verso di Essa.
      Fatto lo Stato, provveduto alla Sua difesa, veniamo ora al Suo funzionamento. A chi spetta assumersene l'onere e come? La risposta è nell'art. 53 ed è "tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche" risposta al chi; ed "in ragione della loro capacità contributiva" risposta al come. Ma quest'ultima risposta assume anche un'ulteriore specificazione, molto importante alla luce di talune recenti dichiarazioni in merito al numero delle aliquote fiscali, ed è: "Il sistema tributario è informato a criteri di progressività". Ma la progressività si può ravvisare compiutamente in due sole aliquote? A mio parere no; ritengo infatti che se le tasse debbono avere un criterio progressivo questo criterio non si possa esaurire in due soli momenti essendo la progressione, per sua stessa natura ad andamento uniforme, rapprentabile, (se pensiamo ad esempio ad una retta da un insieme di più punti che ne traccino un andamento dolce, diversamente abbiamo l'unione di due picchi un alto ed uno basso ma non certo una progressione) quindi in questo caso penso che i Costituenti avessero in mente ben più di due sole aliquote. Ma questo mio pensiero trova ulteriore conforto della restante parte dell'art 53 che dice che ciascuno deve concorrere in proporzione alle proprie disponibilità, che ovviamente sono tantissime e ben diverse da soggetto a soggetto. Quindi, dovendosi necessariamente procedere ad un accorpamento questo debba tenere conto di una platea ampia di previsioni e non certo soltanto di due.
      Con l'art 54 arriviamo poi all'attualità più stretta; mi riesce infatti molto difficile pensare di questo Governo; o almeno di quella Sua parte che (assieme a taluni se-dicenti "servitori dello stato") in questo momento è assurta "all'onore delle cronache" o occupa l'attività giudiziaria per presunto malaffare; abbia osservato il dovere di fedeltà alla Repubblica, alla Costituzione ed alla Legge che l'art 54 richiede a tutti i cittadini. E soprattutto non mi pare che abbiano ottemperato a quei requisiti di "disciplina ed onore" per i quali pure in quanto membri del Governo avevano prestato Giuramento; e poco importa se ai sensi di questo articolo, o diquello più specifico previsto prima di entrare in carica - art 93 - o, più semplicemente dell'intera Carta.

      ARTT 55 - 66

      Luigi Sposato
      • Parte seconda
        TITOLO I - IL PARLAMENTO Sezione I - Le Camere
        Art. 55: Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione.
        Art. 56: La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto. Il numero dei deputati è di seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione Estero. Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno della elezione hanno compiuto i venticinque anni di età. La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione,
        per seicentodiciotto e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
        Art. 57: Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero. Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero. Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta uno. La ripartizione dei seggi fra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
        Art. 58: I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età. Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno.
        Art. 59: È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.
        Art. 60: La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sono eletti per cinque anni. La durata di ciascuna Camera non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra.
        Art. 61: Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni. Finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti.
        Art. 62: Le Camere si riuniscono di diritto il primo giorno non festivo di febbraio e di ottobre. Ciascuna Camera può essere convocata in via straordinaria per iniziativa del suo Presidente o del Presidente della Repubblica o di un terzo dei suoi componenti.
        Quando si riunisce in via straordinaria una Camera, è convocata di diritto anche l'altra.
        Art. 63: Ciascuna Camera elegge fra i suoi componenti il Presidente e l'Ufficio di presidenza. Quando il Parlamento si riunisce in seduta comune, il Presidente e l'Ufficio di presidenza sono quelli della Camera dei deputati.
        Art. 64: Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Le sedute sono pubbliche; tuttavia ciascuna delle due Camere e il Parlamento a Camere riunite possono deliberare di adunarsi in seduta segreta.
        Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale. I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono.
        Art. 65: La legge determina i casi di ineleggibilità e incompatibilità con l'ufficio di deputato o di senatore. Nessuno può appartenere contemporaneamente alle due Camere.
        Art. 66: Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.
        Art. 67: Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.
        Art. 68: I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazione, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.
        Art. 69: I membri del Parlamento ricevono un'indennità stabilita dalla legge.

        CON LA SECONDA PARTE COMINCIAMO A PARLARE DELLO STATO, DEI SUOI ORGANI E DEL LORO FUNZIONAMENTO.
        Gli articoli dal 55 al 66 riguardano il Parlamento e la sua divisione in due Camere: la Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica; della loro composizione, dei critieri di eleggibilità (elettorato attivo e passivo), dei requisiti di funzionamento, del regolamento, della convocazione di diritto ecc. Un cenno a partemeritano la figura ed il numero dei Senatori a vita (proprio oggi, e sia pure per celia, il Presidente del Consiglio ha ipotizzato per sè tale nomina, così facendo sostituendosi al Capo dello Stato cui invece la Costituzione, art 59 attribuisce tale facoltà).
        Il numero di tali senatori è variabile e contenuto: è variabile perchè dipende da quanti ex Presidenti della Repubblica siedano, di diritto ed in un dato momento, tra i Senatori a vita: oggi sono Tre; Cassiga, Scalfaro e Ciampi cui vanno ad aggiungersi quelli di nomina Presidenziale, per "altissimi meriti", massimo Cinque. Ma è anche volutamente contenuto perchè, non essendo elettivi, non si voleva che fossero determinanti nella costituzione delle maggioranze e nei voti di fiducia (circostanza questa determinatasi, invece, con l'ultimo governo Prodi). Voto che comunque in quanto facenti parte dell'Assemblea era loro diritto/dovere esercitare. Non condivido la tesi di quanti dall'opposizione a quell'epoca pretendendevano che non votassero e per evitare che la loro astensione fosse conteggiata, secondo il regolamento del Senato come voto contario, uscissero dall'Aula al momento della chiamata per il voto. Alle Camere è poi demandata ogni decisone circa l'eleggibilità e l'eventuale incompatibilità (preesistente o sopraggiunta all'elezione). . Con l'art 67, cosiddetta "assenza di vincolo di mandato" si prevede che una volta eletto il Parlamentare, deputato o senatore che sia, è sganciato dal colleggio elettorale di elezione e debba invece rappresentare gli interessi di tutta la Nazione. Con la figura giuridica del "Mandato" un soggetto detto "mandante" (a volte anche di un delitto) delega un altro soggetto detto "mandatario" a rappresentarlo stabilendo i limiti del contratto. Ove ciò si applicasse ai parlamentari eletti si potrebbe verificare il caso di essere chiamati a decidere su una situazione non prevista nel mandato fatto questo impossibile per un mandatario; questo nel diritto privato. Ma nel diritto pubblico e nell'ambito della Costituzione l'assenza di vincolo di mandato vuole invece attribuire agli eletti dal popolo la possibilità di rappresentarlo nella sua interezza e non solo per la parte che li ha eletti, così attribuendo loro una posizione "super partes" e non assoggettandoli ad interessi localistici.
        Vi è poi l'art 68 che stabilisce per i parlamentari tutta una serie di eccezioni "garanzie" a tutela dell'espletamento del loro mandato "I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni". Inoltre, salvo autorizzazzione della Camera di appartenenza o perchè sorpresi a commettere un reato punito con l'arresto obbligatorio se colti in flagranza (cioè salvo che non lo preveda la Legge, cui tutti i cittadini senza eccezione alcuna sono soggetti), non possono essere arrestati, perquisiti e nemmeno trattenuti come detenuti. Nè si può loro sottoporre ad intercettazione le utenze telefoniche o qualsiasi altra forma di comunicazione nè sequestrane la corrispondenza.
        Ma tutte queste garanzie non bastano ancora e si torna a parlare di reintrodurre il regime dell'"autorizzazione a procedere", per la verità già prevista dalla Costituzione ma, che era stata poi abrogata visto l'uso estremamente "parsimonioso" che le Camere ne avevano fin li fatto. Nella pratica quotidiana infatti, e tranne che per i casi eclatanti o di flagranza di reato, non veniva mai concessa, trasformando l'autorizzazione a procedere in una vera e proprià immunità/IMPUNITà che aveva finito per farla sembrare odiosa agli altri cittadini.
        Infine l'incarico, un tempo onorifico, da cui il nome di Onorevole con cui si definiscono sia i Deputati che i Senatori, è oggi retribuito. E, come ama dire il popolo (ma la circostanza è poi quasi sempre vera) SU UNA COSA SONO SEMPRE TUTTI D'ACCORDO, QUANDO SE NE DISCUTE, ED è L'AUMENTO DELL'INDENNITà DI PARLAMENTARE.
        OGGI I NOSTRI SONO TRA I Più PAGATI D'EUROPA, COSA CHE NON è AD ESEMPIO PER GLI ALTRI LAVORATORI ITALIANI, I CUI STIPENDI SONO INVECE TRA I Più BASSI DEL VECCHIO CONTINENTE.
       

      artt 70 - 82

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      • Sezione II - La formazione delle leggi.
        Art. 70: La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.
        Art. 71: L'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale.
        Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli.
        Art. 72: Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale. Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza.
        Può altresì stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari.
        Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della commissione richiedono che sia discusso o votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto.
        Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni. La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.
        Art. 73: Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall'approvazione.
        Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l'urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito.
        Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.
        Art. 74: Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.
        Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata.
        Art. 75: È indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
        Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
        Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati. La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. La legge determina le modalità di attuazione del referendum.
        Art. 76: L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principî e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato
        Art. 77: Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.
        Art.78: Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari.
        Art.79:L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale. La legge che concede l'amnistia o l'indulto stabilisce il termine per la loro applicazione. In ogni caso l'amnistia e l'indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge.
        Art. 80: Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi.
        Art. 81: Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.
        Art. 82: Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La commissione di inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.

        La nostra Costituzione dice che fare le Leggi spetta; dopo discussione ed approvazione, soltanto, e COLLETTIVAMENTE; alle Camere e l'iniziativa di presentare disegni di legge al Parlamento può essere anche presa dal popolo, attraverso la cosiddetta proposta di legge di inizativa popolare, unico limite previsto la sottoscrizione di almeno 50.000 cittadini. Il disegno di legge, una volta presentato, è discusso ed approvato articolo per articolo in aula, a volte la discussione può avvenire, anche soltanto, in apposite commissioni, fermo restando la definitiva approvazione da parte dell'Aula. Non vi è mai neanche in questo caso "abdicazione" dalla funzione legislativa tant'è che è previsto il ritorno in aula, o se si preferisce alla procedura normale, qualora ve ne sia richiesta da parte di chi a ciò legittimato dalla stessa Carta. Sono previste infine materie per le quali non è possibile altro esame che quello normale, in funzione della lora particolare importanza, per tutte ed atitolo di esempio le Leggi Costituzionali, elettorali e di ratifica di trattati internazionali. Una volta approvata la Legge viene promulgata dal Capo dello Stato, che ha 30 giorni di tempo per valuatarla, ed una avolta apromulgata viene pubblicat sulla >Gazzetta Ufficiale della repubblica Italiana.Trascorsi 30 giorni dalla pubblicazione, e salvo diverso termine previsto dalla Legge che si sta pubblicando, la Legge diviene efficace e può essere applicata. Diviene cioè Legge dello Stato a tutti gli effetti. La previsione dell'art 70 che assegna alle Camere "collettivamente" la funzione legislativa fa si che la Legge in esame debba essere approvata nello stesso identico testo da entrambi i rami del Parlamento; cosiddetto "bicameralismo perfetto". L'esigenza alla base del bicameralismo perfetto è quella di ovviare in seconda lettura ad eventuali errori o sviste che si fossero verificate in prima lettura e ciò in passata ha permesso di evitare errori da parte del Legislatore. Nonostante questa previsione, e stante l'alto numero di provvedimenti di Legge che vigono nel nostro ordinamento, a volte gli errori si verificano ugualmente com'è avvenuto di recente con le previsioni della cosiddetta "Legge Cirielli" su quale Giudice dovesse decidere dei provvedimenti che, per effetto dell'inasprimento delle pene massime andavano a superare, nei massimi, i 10 anni di reclusione spostando la competenza dal Tribunale (Giudice Monocratico o Unico) alle Corti di Assise,ad esempio, per i reati di mafia e provoncdo la possibile liberazione di pericolosi detenuti già giudicatio dal giudice unico. Siè dovuti intervenire per decreto per ovviare all'errore, vista l'urgenze determinata dalla possibile scarcerazione di mafiosi. E' data poi facoltà al Presidente della Repubblica di rinviare, quando lo ritengo opportuno e con messaggio motivato, la Legge che Gli è presentata per la promulgazione, perchè venga sottoposta ad un secondo esame. Questa facoltà, che taluni interpretano a torto (sempre a mio personalissimo avviso) come un "POTERE DI VETO" è in realtà una sorta di forma di pressione/persuasione, che sta ad indicare che quella Legge in quel modo desta le perplessità del Presidente, perplessità che di norma il Parlamento richiesto di una seconda lettura tiene in debito conto, visto l'autorevolezza di chi le esprime, modificando nel senso richiesto il dispositivo di Legge. Tuttavia ove ciò non avvenisse e la Legge Gli fosse resa nella medesima forma con cui era già stata approvata, al Presidente non resta che pubblicarla o, come si sostiene da taluni, dimettersi. Ontro una Legge divenuta esecutiva è possibile procedere ad una raccolta di firme (500.000) per richiedere che vemga indetto Refuerendum abrogrativo. Il referendum che non raggiunga il quorum previsto, per la sua validità, del 50% + 1 è inefficace e del suo esito non sitiene conto. Quando il quorum è invece raggiunto la risposta al quesito referendario sarà ritenuta valida e vincolante. Questa è la procedura ordinaria che quindi esclude l'esecutivo (il Governo) dalla possibilità di fare le Leggi che è invece compito specifico delle Camere come si è appena visto. Tuttavia “in casi straordinari di necessità ed’urgenza” il Governo può emanare propri “provvedimenti provvisori con forza di legge”: i decreti. Essi devono essere “convertiti in legge entro sessanta giorni” altrimenti “perdono efficacia” e solo “le Camere possono tuttavia regolare per legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti”.
        Invece, ad oggi, la gran parte delle Leggi volute dal Governo Berlusconi hanno invocato questa necessità e non c'è stata Legge veramente importante e/o urgente (per chi poi?) che non sia stata introdotta per decreto del Presidente del Consiglio e/o di singoli Ministri.Inoltre, ad onta di una maggioranza quale mai è esistita in un Parlamento della Repubblica, molto spesso in sede di approvazione/conversione si è ricorso alla pratica della Fiducia. Il Governo cioè ha posto al parlamento l’ultimatum “o votate il provvedimento così com’è oppure mi dimetto”.
        E la discussione? Bene che vada è stata fatta in una solo Camera o in commissione o Consiglio dei Ministri. Ma l’art 70 attribuisce la “Funzione Legislativa COLLETTIVAMENTE alle due camere” e perciò, se questo modo diventato, da straordinario ed urgente, la via normale per legiferare, viene a violare il dettato costituzionale. Da qui i richiami del Presidente della Repubblica, di recente anche scritti, a non esagerare nel ricorso ai decreti e, in senso opposto, la lettera odierna di compiacimento per avere evitato sul decreto noto come "Protezione Civile Spa". Il Ricorso all'ennessima fiducia (siamo ormai prossimi a quota 30). Sono poi previste le cosiddette "Leggi delega", disposizioni con la quali il Parlamento delega all'Esecutivo (Governo) di emanare leggi su determinate materie ben specificate e con i limiti previsti dalla delega stessa senza tuttavia poter eccedere quanto stabilito nella Legge di delega detta anche "Legge Quadro" (torna qui il concetto di Mandato). Segue l'elenco di alcune materie e disposizioni che regolano taluni particolari aspetti della vita delle camere e del Paese ad esempio la previsione di maggioranze qualificate per l'emanazione di alcune leggi (Indulto o amnstia) o la potestà di emanare Leggfi di ratifca di accordi internazionali, modifiche del territorio, l'approvazione del bilancio dello Stato e la concessione e la durata dell'esercizio provvisorio, che ricorre ad esempio, quando non si approvi per tempo la Legge Finanziaria, ecc. Infine l'obbligo di copertura delle leggi che comportano nuove spese e la possibilità di istituire commisioni parlamentari d'inchiesta sugli argomenti per i quali le Camere lo ritengano necessario. Le Commissioni parlamentari sono composte in modo da rispecchiare proporzionalmente le forze presentio in Parlamento ed hanno gli stessi poteri e sottostanno agli stessi limiti previsti per l' Autorità Giudiziaria. 

         ARTT 83 - 91 IL CAPO DELLO STATO

         Parte seconda TITOLO II - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
        • Art. 83: Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato.L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell'assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.
          Art. 84: Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d'età e goda dei diritti civili e politici. L'ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica. L'assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge.
          Art. 85: Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni. Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove.
          Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica.
          Art. 86: Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato.In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione.
          Art. 87: Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.Può inviare messaggi alle Camere. Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione. Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo. Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti. Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione. Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato. Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere. Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere. Presiede il Consiglio superiore della magistratura. Può concedere grazia e commutare le pene. Conferisce le onorificenze della Repubblica.
          Art. 88: Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.
          Art. 89: Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
          Art. 90: Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.
          Art. 91: Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune.


          Ed eccoci agli articoli che delineano la figura del Capo dello Stato; i primi tre stabiliscono modalità e requisiti per l'elezione e qui giova notare come sia prevista la necessità di assicurare rapprentanza anche alle minoranze (non essendo esplicitate quali si deve intendere TUTTE le minoranze; linguisitiche, culturali, religiose ecc) -art 83, 2° c.-
          Vi è poi incompatibilità assoluta con qualsiasi altra carica -art 84, 2° c.-
          LA DELICATEZZA DELLA FUNZIONE DEL CAPO DELLO STATO TROVA,IMMEDIATO E PLASTICO RISCONTRO, NELL'AFFERMAZIONE DELL'ART.85, 2 E 3° C, che allo scopo di evitare una situazione di vuoto di potere, che si determinerebbe laddove la scadenza del mandato di Presidente della Repubblica venisse a coincidere con un momento di assenza del Parlamento, ad esempio, Camere scadute o in scadenza; l'elezione del nuovo Presidente é rinviata ed avrà" luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove.
          Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica".
          La nostra Costituzione non prevede la figura di Vice Presidente in quanto tale e quindi è previsto che le funzioni di Capo dello Stato, "in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato." Art 86, 1° c.
          Ed è il successivo art 87 che invece ci dice in maniera chiara ed univoca chi è e cosa fa il Capo dello Stato e di quali poteri é investito. Richiamiamone brevemente alcuni tratti: Egli è il Capo dello Stato e rappresenta l'unità della Nazione, può concedere grazie e commutare le pene, dichiara lo stato di guerra, é Presidente del Consiglio Superiore della magistratura (CSM), inviare messaggi alle Camere, promulga le Leggi ecc.
          A tale riguardo di recente si è discusso, ed il Ministro Guardasigilli dell'epoca ha proposto il quesito alla Corte Costituzionale, se vista la necessità di controfirma del ministro competente prevista per tutti gli atti del Capo dello Stato dal successivo art 89, il potere di Grazia sia di spettanza, UNICAMENTE ed ESCLUSIVAMENTE, del Capo delli Stato o non sia invece un potere esercitabile solo col consenso, rappresentato appunta dalla Controfirma, del Ministro di Grazia e Giustizia. La Corte ha sentenziato che il potere è esclusivamente in capo al Presidente della Repubblica e che la controfirma in questione sia in realtà un atto dovuto. Anche alcuni insigni costituzionalisti che parteciparono alla discussione che si era sviluppata sull'argomento potere di grazia, ritennero doversi considerare facoltà esclusiva del Capo dello Stato ipotizzando che tale potere derivasse da quello anologo di spettanza del Sovrano. Infine, ed aproposito della Presidenza del CSM, è da sottolineare come questa sia in realtà quasi onorifica, essendone demandate le funzioni effettive al Vice Presidente.
          In altre parole la Presidenza della Repubblica è la massima Magistratura dell'Italia repubblicana ed è per questo che deve restare il più possibile solamente un punto di riferimento al di sopra degli altri poteri e quindi non La si poteva caricare della Gestione ordinaria di un altro potere qual'è la Magistratura, pur ponendo il Presidente della Repubblica almeno e comunque formalmente a capo della stessa. Nessuno può essere al disopra del Capo dello Stato che a Sua volta rimane subalterno alla Costituzione su cui presta Giuramento solenne e di cui è "Supremo Sacerdote" e custode.
          Una riflessione a parte merita la previsione costituzionale di scioglimento delle Camere "o anche di una sola di esse", che spetta al Capo dello Stato previo ascolto dei rispettivi Presidenti; al riguardo il Presidente Emerito Oscar L. Scalfaro ha scritto: "Non è che il Presidente della Repubblica abbia tanti poteri; ma uno ne ha il cui esercizio al solo pensarci fa tremare le vene dei polsi ed è quello di sciogliere il Parlamento e mandare tutti a casa". Infine in considerazione dell'importanza dell'incarico e del fatto che il Presidente della Repubblica non può essere sottoordinato ad alcun altro potere ecco arrivare la previsione di non perseguibilità durante il settenato (così è anche detta la durata, 7 anni, del mandato di Presidente) con la solo eccezione dei reati di "alto tradimento" ed "attentato alla Costituzione" per i quali è messo in stato d'accusa dal Parlamento in seduta comune ed "a maggioranza assoluta dei suoi membri". Tale è l'eccezionalità che non basta la semplice maggioranza dei presenti ma deve essere raggiunto il 50% + 1 dei componenti delle due Camere ed il giudizio è sottratto alla competenza della Magistratura ordinaria (formalmente ne è a capo e quindi possibile conflitto di ineteressi) e rimane affidata alla Corte Costituzionale.
          P.S.:
          DA NOTARE LO SFORZO E L'IMPEGNO DI BILANCIAMENTO TRA I POTERI DELLO STATO CHE SEMPRE ANIMA I LEGISLATORI COSTITUENTI E COME QUINDI, PER CONTRASTO, APPAIANO TENTATIVI DA APPRENDISTI STREGONI CERTE PRETESE MODIFICHE DEL DETTATO DELLA CARTA CHE SONO INVECE SLEGATE ED ESTEMPORANEE.

         ARTT 92 - 96 IL GOVERNO

         Luigi Sposato 
        Parte seconda TITOLO III - IL GOVERNO Sezione I - Il Consiglio dei Ministri
        • Art. 92: Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.
          Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.
          Art. 93: Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica.
          Art. 94:Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale. Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. IIl voto contrario di una o d'entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.
          La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.
          Art. 95: Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l'attività dei ministri.
          I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri.
          La legge provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l'organizzazione dei ministeri.
          Art. 96: Il Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.

          Il Governo è dunque organo collegiale composto art 92 "del Presidente del Consiglio e dei Ministri", soffermiamoci brevemente sulle preposizioni articolate del e dei, e non come sembrerebbe più immediato e di uso più corrente dal e dai, che sostanziano la composizione del Governo; credo che stiano ad indicare una inscindibilità delle due componenti che sostanziano l'organo Governo. Questa mia interpretazione trova (sempre a mio avviso) conferma nella previsione di responsabilità collegiale per tutti gli atti discussi nel Consiglio dei Ministri, ancorchè proposti da un singolo ministro (art 95, 3°c) mentre, invece, se non discussi in Consiglio la responsabilità cede unicamente sul Ministro che adotta il provvedimento.
          Il Governo prima di entrare in carica, e dopo essere stato nominato dal Presidente della Repubblica, deve giurare nelle mani del Capo dello Stato. La mozione di fiducia così come quella eventualmente di sfiducia, anche nei confronti di un singolo componente del Governo, deve essere votata per appello nominale. La votazione può essere "palese" o "segreta". La mozione di sfiducia non può essere discussa se prima non siano trascorsi almeno £ giorni dalla sua presentazione. Evidente qui la preoccupazione di porre il soggetto destinatario della mozione di sfiducia da decisioni troppo affrettate o prese sulll'onda di emozioni forti che possano travisare il contenuto delle responsabilità per cui la sfiducia è richiesta. In altre parole per non esporre il Governo ed i singoli componenti al capriccio del Parlamento. Un Governo liberamente eletto deve poter attuare il programma su cui ha ottenuto la Fiducia. Questa preoccupazione è talmente ben presente nei Costituenti che li porta alla previsione di cui al $° comma dell' art 94 "Il voto contrario di una o d'entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni" Ovviamente laddove su quella proposta non sia stata poosta la "questione di fiducia" o più brevenet "la fiducia" perchè, in questo caso le dimissione sarebbero obbligate. Un Governo che non abbia più la "Fiducia" entra in crisi (crisi di Governo di tipo Parlamentare) e deve quindi presentare le proprie dimissioni al Capo dello Stato che può accoglierle o rimandarlo alle Camere per un secondo tentativo di conferma della "Fiducia". Se le accoglie attiva le procedure per verificare l'esistenza di una nuova maggioranza all'interno del Parlamento cui conferire l'incarico di formare un nuovo Governo e continuare la vita della Legislatura, se questa nuova maggioranza non esiste non rimane che sciogliere le Camere.
          Dal fatto che il Governo si componga "del Presidente del Consiglio e dei ministri" deriva la posizione di "primus inter pares", primo tra uguali, del Presidente rispetto ai suoi Ministri e quindi le facoltà di coordinarne l'attività, di mantenere l'indirizzo dell'azione di Governo e le altre di cui alle previsioni costituzionali. L'art 96, infine, in caso di giudizio sul Governo, anche cessato dalla carica, alla competenza della Magistratura ordinaria (E non alla Consulta, com'è invece per il Capo dello Stato) però, a garanzia da eventuali ritorsioni per l'operato svolto o per l'incarico ricoperto, SI PUò PROCEDERE solamente dietro autorizzazione di una delle due Camere, secondo stabilito com Legge Costituzionale.
        ARTT 97 - 100

    Sezione II - La Pubblica Amministrazione.
    Art. 97: I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.
    Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.
    Art. 98: I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.
    Se sono membri del Parlamento, non possono conseguire promozioni se non per anzianità.
    Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d'iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all'estero.
    Sezione III - Gli organi ausiliari
    Art. 99: Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa. È organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Ha l'iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge.
    Art. 100: Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia nell'amministrazione. La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato.
    Partecipa, nei casi e nelle forme stabiliti dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria.
    Riferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito.
    La legge assicura l'indipendenza dei due Istituti e dei loro componenti di fronte al Governo.

    NON FOSSE PER LE VICENDE DI SPERPERO, CORRUZIONE E SIMILI, CHE COSTITUISCONO L'ATTUALITA' E PRER GLI INTRIGHI ED I SISTEMI CHE SONO SORTI PIU' O MENO NELL'IGNAVIA DI CHI DOVEVA CONTROLLARE E PER L'ENORMITA' DELL'AMMONTARE PER LE CONSULENZE, SEMPRE A PROPOSITO DI PROTEZIONE CIVILE, NON VI SAREBBE MOLTO DA DIRE SU QUESTI 4 ARTICOLI, SONO PER LPO PIU' DI TIPO ASSERTIVO E QUINDI SUFFICIENTEMENTE CHIARO IL LORO DISPOSTO. MA VEWDIAMO QUALòCHE ASPETTO RESO INVECE SIGNIFICATIVO PROPRIO DAGLI EPISODI DI CORRUZIONE E CONCUSSIONE CHE, AI VARI LIVELLI, SONO STATI DISVELATI DAGLI ORGASNI DI INFORM,AZIONE. MA NON C'ERANO DEI CONTROLLORI? E GLI ORGANI DI CONSULENZA A COSA SERVONO SE POI BISOGNA SEMPRE RIVOPLGERSI ALL'ESTERNO?
    E allora ... prendiamo ad esempio l'art 98 1° e 2° comma, e leghiamoli per un momento assieme, ne vieme fuori (combinato disposto) che:"I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione. Se sono membri del Parlamento, non possono conseguire promozioni se non per anzianità." Dunque sono al servizio ESCLUSIVO drlla Nazione e, a scanso di sempre temuti conflitti di interesse, se parlamentari sono promossi solo per anzianità (hai visto mai che qualcuno si voglia approfittare della condizione di Onorevole per fare carriera?)
    Come diceva un noto comico, questo per la Costituzione, "NON ESISTE PROPRIO" (spero che l'accostamento non appaia irriguardoso, volevo solo alleggerire per un breve attimo). Ed invece ecco che funzionari al massimo livello o amministratori eletti o peggio ancora parlamentari e, forse anche sottosegratari o ministri, evidentemente ignoranti o forse volutamente ignorando il dettato costituzionale begano e si costituiscono ( meglio forse prostituiscono) in "cricca" per ottenere favori, appalti o ancora far lievitare i costi delle opere pubbliche di cui si stanno occupando e tutto ciò che quotidianamente leggiamo sui giornali. Poi si scopre, a proposito degli "omessi" controlli che la cricca era arrivata fin dentro gli organismi di controllo, avendo a libro paga/favori tra gli altri alti Magistrati delle più diverse Magistrature. Fortunatamente, e come vedremo meglio più avanti, i Magistrati sono soggetti solamente alla Legge, (che per garantirne l'indipendenza da tutti i poteri ne prevede l'inamovibilità eccetto che per giusta causa) e questo consente agli onesti si portare avanti inchieste sul conto di chiunque (NON MI STANCHERò MAI DI RIPETERLO "ART 3 TUTTI I CITTADINI SONO UGUALI DAVANTI ALLA LEGGE") inchieste che "temprando lo scettro ai regnatori, gli allor ne sfronda ed alle genti svela di che lacrime grondi e di che sangue" (Foscolo Sepolcri) Non è per sfoggio di nozioni che ho fatto ricorso alla citazione letteraria ma per cercare di rendere più "umanistica" una materia come il Diritto, troppo spesso a torto; considerata solo tecnica.
    Infine, se non fosse che le carriere sono quasi sempre determinate da appartenenze e stanti gli Organi di consulenza ai massimi livelli previsti dagli artt 99 e 100, che necessità ci sarebbe, di ricorrere a strapagate consulenze esterne che ormai proliferano in maniera esponenziale ed assolutamente incontrollata tra tutti gli organi della Pubblica Amministrazione? Forse che lo Stato non si fida di chi già ha scelto e paga per quella funzione? 

    ARTT 101 - 110 LA MAGISTRATURA

    Luigi Sposato 
    Parte seconda TITOLO IV - LA MAGISTRATURA Sezione I - Ordinamento giurisdizionaleArt. 101: La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge
    • Art. 102: La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario. Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei allaMagistratura. La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia.
      Art. 103: Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi.
      La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge. I tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge.
      In tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate..
      Art. 104: La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.
      Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica. Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.
      Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.
      Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal Parlamento.
      I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili. Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.
      Art. 105: Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.
      Art. 106: Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.
      La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.
      Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni d'esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.
      Art. 107: I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso. Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare.
      I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni. Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario.
      Art. 108: Le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge. La legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia.
      Art. 109: L'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria.
      Art. 110: Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.

      Ci avviamo verso la conclusione dell'ordinamento dello Stato. Abbiamo già visto, in questa seconda parte, il Parlamento, Il Capo dello Stato, il Governo, la Pubblica Amministrazione, gli Organi consultivi ed ora incontriamo la Magistratura. Se il peso di questi organi fosse proporzionale al numero degli articoli ad essi dedicati la Magistratura avrebbe lo stesso valore del Capo dello Stato, in realtà così non è ma a nessuno sfugge l'importanza per la Democrazia di un siffatto "ordine autonomo" riveste per il buon funzionamento di uno Stato. E' un ordine il cui potere discende direttamente dal Popolo, pur non essendo ad esso sottomesso; infatti art 101 "La giustizia è amministrata in nome del popolo". Ma, 2° comma, "I giudici sono soggetti soltanto alla legge".
      IN ITALIA POI, art 102 " Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla Magistratura!". Naturalmente qui si vedono in controluce i Tribunali speciali fascisti e tutto quello che comportarono.
      L' amministrazione dei Magistrati è sottratta alla burocrazia ordinaria ed affidata al Consiglio Superiore della Nagistratura (CSM) cui spettano infatti, art 105, "le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati". Il Csm è presieduto dal Capo dello Stato, che però come già detto, ne delega le funzioni al Vice Presidente, che è eletto dai membri del Consiglio stesso tra quelli di nomima parlamentare. (Altro mirabile esempio di equilibrio; il Presidente siccome è al tempo stesso Magistrato non amministra ed ad amministrare è chiamato non già un Magistrato ma una persona tra quelli di nomina Parlamentare è cioè in quaòòche misura se non un politico puro, pur semepre una persona riconducibile alla Politica e poichè la scelta e tra professori universitari o avvocati non è mai un Magistrato che in definitiva presiede realmente l'organo di autogoverno della magistraura ma non è neanche un politico in quanto tale, ove ciò fosse previsto si sarebbe infatti trattato di sottomissione seppure indiretta al Potere Legislativo. C'è ancora un'altra dorma di garanzia più immediatamente percepibile in quanto tale ed quanto previsto dal 1° e 2° comma dell'art. 107: "I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso". Dunque i Magistrati non possono essere trasferiti, sospesi e o dispensati dal servizio se non dietro loro richiesta o per provvedimento motivato e con le garanzie di difesa di cui alla previsone legislativa del Csm. Tutto ciò serve ad evitare indebite ingerenze e o pressioni sul singolo magistrato ed a porlo al riparo da eventuali ritorsioni di potenti. (Pensiamo per un momento a quanto questa aprevisione sia utile in indagini come quelle sul conto dell'On Berlusconi osulla Protezione Civile, per restare all'attualità più immediata. Infine la previsione che tutti i Magistrati siano uguali tra loro e che l'unica differenza possa essre costituita dalle mansioni svolte, per altro mai definitive potendosi alternare tra gli incarichi di magistrati inquirenti Pubblico Ministero (PM) e giudicanti, ad esempio Giudice Monocratico o componente di una Corte d'Assise. Unico limite se si è stati PM non si può poi essere anche Giudici di giudizio. In questa possibilità di passare da una figura all'altra taluni vedono uno dei problemi che affliggono la Magistratura e vorrebbero porvi riparo atytraverso la cosiddetta "separazione delle carriere" costringere cioò il Magistratuto a scegliere se fare l'una o l'aktra cosa ed assoggettando il PM al Ministro della difesa col rosultato di eliminare altresì la libertà di esperire l'azione penale che invece la Coastituzione gli riconosce. Inutile dire che personalmente non vedo di buon occhio siffatta riforma e diVento NETTISSIMAMENTE CONTRARIO, se ad essa si accoppia lo sdoppiamento del Csm, sarebbe come privare i giudici del loro autogoverno tanto gelosamente voluto e così mirabilmente bilanciato invece dalla Costituzione. Infine due articoli nuovamente declaratori (o assertivi come li abbiamo sin qui chiamati) che prevedono l'uso diretto come strumento di indagine della polizia giudiziaria -art 109- e che stabiliscono che,mentre i Magistrati sono amministrati dal Csm, tutti gli altri soggetti ed i servizi in ambito giudiziario dipendano invece dal Ministero di Grazie e Giustizia o come si chiama nel Governo attuale Ministero di Giustizia tout court.

     ARTT 111 - 113





    • Sezione II - Norme sulla giurisdizione
      Art. 111: La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.
      Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.
      Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo. Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova.
      La colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore. La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita. Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.
      Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge.
      Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra. Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.
      Art. 112: Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale.
      Art. 113: Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa.
      Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa.

      Di nuovo siamo nella più steretta attualità politica o meglio delle azioni legislative di questo Governo. Pretendere come ha fatto e fa continuamente il Presidente del Consiglio di addomesticare, per meglio adattarle alle proprie necessità ed urgenze, la giurisdizione e quindi il giusto processo, stride irrimediabilmente a mio avviso con le previsione di cui all' art 111. (leggi è incostituzionale)
      Vi si dice infatti che si ha dirirtto la giusto processo, nella contraddizione e nell'assoluta parità della parti (e qui come non ricordare il tentivo di privare del diritto di appello del Pm nei confronti di un imputato giudicato innocente in primo grado) o di imporre una durata predefinita sia pure con diversa gradualità in funzione della gravità dei reati quali di determina in base alla pena edittale (massimo di detenzione fino o oltre i 10 anni (contrapponendola a quella giusta ma non detrminata di cui alla previsione della Carta) è (a mio parere) contrario appunto alla Costituzione e quindi qualora così si legiferasse si dovrebbe incorrere negli strali della Consulta. Inoltre a garanzia di chi è sottoposto a processo viene previsto, art 111 1° c, che la formazione della prova avvenga ion contraddittorio (ossia presenti irappresentanti di tutte le aprti) e che si ammettono a prova le dichiarazioni di alcuni rese in assenza delle altre parti, queste dichiarazioni debbano essere confermate in dibattimento pena la non ammissibilità delle stesse. Sempre 111 6° C., "La colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore". Questa previsione è a maggior garanzia di quanto stabilito in tema di modalità di svolgimento del giusto processo a quanto già previsot dal 4° c. dello stesso articolo. "Dulcis in fundo" ove tutte queste garanzie non fossero ritenute sufficienti ecco che 7° comma "Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge."
      Questo è cioò che la nostra Costituzione ritengono essere lo svolgimento di un "Giusto processo".
      E queste le garanzie poste a tutela ell'impoutato
      Natauralmente chiunque è libero di ritenere tutto ciò insufficiente ed inadeguato; a me non sembra.
      Tenendo sempre ben presente la preoccupazione dei Costituenti di mettere la Giurisdizione al riparo da ogni ingerenza esterna nella difesa della Legge ecco che arriva, ancora auna volta assertvo, semplice e solenne ad un tempo il disposto dall'art 112: "Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale". Come dire non ci si può sottrarre, mai e per alcuna ragione, dall'ammimistrare la Giustizia attraverso l'indagine volta al perseguimento dei reati. Mai non vi è previsione costituzionale alcuna che ponga al riparo dall'essere perseguiti per i reati commessi traanne le eccezioni già viste con riferimento ala Presidente della Repubblica, che è giudicato dalla Consulta e solo per alto tradimento e attentato alla Costituzione, ed alla non perseguibilità dei ministri per reati connessi alle funzioni svolte per i quali, a garanzia da eventuali ritorsioni per l'operato svolto o per l'incarico ricoperto, l' eventuale incriminazione è ammessa solamente dietro autorizzazione di una delle due Camere, secondo quanto stabilito con Legge Costituzionale.
      Infine l'art 113 consente, SEMPRE, la facoltà di ricorso "contro gli atti della Pubblica Amministrazione" anche quelli amministrativi, si pensi al ricorso ai vari Tar e o al Consiglio di Stato.
    TITOLO V - LE REGIONI, LE PROVINCE, I COMUNI (con le modifiche di cui alla L. Costituzionale n.3 del 18.10. 2001)
    Art. 114: La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento.
    Art. 115: (abrogato)
    Art. 116: Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.
    La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano. Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.
    Art. 117: La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
    a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
    b) immigrazione;
    c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
    d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
    e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
    f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
    g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
    h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
    i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
    l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
    m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
    n) norme generali sull'istruzione;
    o) previdenza sociale;
    p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;
    q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
    r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
    s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; fondiario e agrario a carattere regionale.
    Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
    Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
    Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
    La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni.
    La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
    Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
    La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
    Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.
    Art. 118: Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
    I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
    La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.
    Art. 119: I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
    I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.
    La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
    Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
    Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
    I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato.
    Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. E' esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti.
    Art. 120: La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, nè adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, nè limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
    Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali.
    La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.

    Con il Titolo V siamo di fronte alle autonomie locali; esse discendano direttamente oltre che dagli articoli di questo titolo anche dai principi generali (art 5) "La Repubblica, una ed indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali ..." E' questa la parte che meno amo della Costituzione, pur essendo una parte di vitale importanza per il soddisfacimento dei bisogni dei cittadini. Infatti con questo titolo, che tutti vorrebbero modificare in nome di un, ancora, non meglio precisato "Federalismo" (nonostante l'approvazione di una Legge ordinaria, fortamente voluta dalla Lega Nord, che porta tale nome). L'importanza della previsione costituzionale sta nell'aver diviso le materie di intervento tra " materia di legisalzion esclusiva" dello Stato e "materie di legislazione concorrente" tra Stato e Regioni e di aver stabilito che la surroga dello Stato nei confornti delle regioni nelle materie "concorrenti" avvenga nel rispetto del principio di sussidiarietà, vale a dire affiancando e non sovrapponendosi o sostituendo l'ente di rango inferiore. Stabilito che gli enti locali, oltre a compartecipare per il loro finanziamento alle entrate erariali riferibili al loro territorio, possono imporre tributi (si pensi alle varie addizionali) ed ecco che si prende atto della possibilità che entrate diverse costituiscano (possano costituire) ed hanno, per la loro rendicontazione, propri bilanci; per evitare livelli diversii nella prestazione dei servizi da parte di singoli enti, in base ad esempio alla maggiore o minore capacità economica, ecco che "La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante".-art 119, 3° comma- Detta in parole, più immediatamente comprensibili, il principio di solidarietà tra abitanti di Regioni più e meno ricche che tanto fastidio da alla Lega che vi vede un modo di drenare risorse, a discapito dei territori che attualmente amministra situati per lo più nel Nord ricco, per destinmarle al Sud da sempre, ahinoi, più povero. Principio, quello della solidarietà tra abitanti di regioni diverse, che altro non è se non la pratica attuazione del 1° comma dell'art. 53 "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva". Essendo dotati di autonomia patrimoniale gli enti locali possono ricorrere all'indebitamento (ad esempio Buoni Ordinari Comunali -B.O.C.-) ma solo per finanziare gli investimenti (detti anche"Spese in Conto Capitale") e restando escluse invece le spese di funzionamento (stiependi, cancelleria ecc) dette anche "spese correnti".
    Resta altresì esclusa, per i prestiti così contratti, qualsiasi forma di garanzia da parte dello Stato.
    L'art 120 vieta l'istituzione da pate degli enti locali di dazi e o altre forme di limitazioni delle altre libertà che ove permesse confliggerebbero, coi principi già enunciati dalla Carta, ad esempio, di libertà di circolazione, di scelta del lavoro ecc. Col secondo comma dello stesso art 120 si prevede che lo Stato possa sostituirsi per motivi di urgenza o di uniformità alle singole regioni anche nelle materie di esclusiva o concorrente competenza regionale ma che quando ciò avviene debba rispettare il principio di sussidiaretà e nel rispetto "del principio di leale collaborazione". (Art 120, 3° ed ultimo comma)

  ARTT. 121 - 133

Luigi Sposato
  • TITOLO V - LE REGIONI, LE PROVINCE, I COMUNI (con le modifiche di cui alla L. Costituzionale n.3 del 18.10. 2001)
    Art. 121: Sono organi della Regione: il Consiglio regionale, la Giunta e il suo presidente. Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi. Può fare proposte di legge alle Camere. La Giunta regionale è l'organo esecutivo delle Regioni. Il Presidente della Giunta rappresenta la Regione; dirige la politica della Giunta e ne è responsabile; promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo della Repubblica.
    Art. 122: Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi. Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento, ad un altro Consiglio o ad altra Giunta regionale, ovvero al Parlamento europeo. Il Consiglio elegge tra i suoi componenti un Presidente e un ufficio di presidenza. I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. Il Presidente della Giunta regionale, salvo che lo statuto regionale disponga diversamente, è eletto a suffragio universale e diretto. Il Presidente eletto nomina e revoca i componenti della Giunta.
    Art. 123: Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Lo statuto regola l'esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali.
    Lo statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi. Per tale legge non è richiesta l'apposizione del visto da parte del Commissario del Governo. Il Governo della Repubblica può promuovere la questione di legittimità costituzionale sugli statuti regionali dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione.
    Lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti il Consiglio regionale. Lo statuto sottoposto a referendum non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi.
    In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali.
    Art. 124 (abrogato)
    Art. 125: Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo della Regione.
    Art. 126: Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica.
    Art. 127: Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione.
    La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un'altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto avente valore di legge.
    Art. 128, Art. 129, 130: abrogati
    Art. 131: Sono costituite le seguenti Regioni: Piemonte;Valle d'Aosta; Lombardia; Trentino-Alto Adige; Veneto; Friuli-Venezia Giulia; Liguria; Emilia-Romagna; Toscana; Umbria; Marche; Lazio; Abruzzi; Molise; Campania; Puglia; Basilicata; Calabria; Sicilia; Sardegna.
    Art. 132: Si può, con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse. Si può, con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Provincie e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione e aggregati ad un'altra.
    Art. 133: Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province nell'ambito di una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziative dei Comuni, sentita la stessa Regione.
    La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni

    Tutta una serie di articoli che stabiliscono competenze regionali, possibilità di modifiche degli ambiti provinciali e di istituzione di nuove provincie e o nuovi comuni che non necessitano di particolari spoegazioni né si prestano ad interpretazioni; ci sono tuttavia due cose che si possono dire a loro commento e cioè che a fronte di una previsione di incompatibilità tra Consiglieri Regionali e Parlamentari che è assoluta, la stessa previsione non operi, come ha confermato la scorsa settimana la Camera dei Deputati chiamata a decidere dell'incompatibilità di taluni parlamentari -12- eletti anche Presidenti di Provincie e confermati nel doppio ruolo. Se invece, incredibile incongruenza, si è già Presidente di provincia e ci si presenta candidato al Parlamento si deve rinunciare alla carica e dimettersi.
    Che stranezza! se sei Parlamentare non devi dimetterti se vieni eletto alla Provincia, se sei Presidente di Provincia e vuoi candidarti a Parlamentare le dimissioni sono invece dovute. L'altra cosa che merita una menzione per l'atteggiamento folcloristico, per la verità non l'unico della Lega Nord verso la Costituzione, assunto qualche tempo fa quando pretendeva di creare una nuova provincia senza rispettare il doppio limite richiesto dalla Costituzione che prevede un minimo di 1.000.000 di abitanti e, altro requisito, il parere dei Comuni che di questa nuova provincia avrebbero dovuto far parte e che non era invece stato richiesto.

     ARTT 134 - 137

    Luigi Sposato
    • Parte seconda TITOLO VI - GARANZIE COSTITUZIONALI Sezione I - La Corte Costituzionale
      Art. 134: La Corte costituzionale giudica: sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni; sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni; sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione.
      Art. 135: La Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative. I giudici della Corte costituzionale sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni d'esercizio. I giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente nominati. Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla carica e dall'esercizio delle funzioni. La Corte elegge tra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il Presidente, che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile, fermi in ogni caso i termini di scadenza dall'ufficio di giudice. L'ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento, di un Consiglio regionale, con l'esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge. Nei giudizi d'accusa contro il Presidente della Repubblica, intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l'eleggibilità a senatore, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari.
      Art. 136: Quando la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. La decisione della Corte è pubblicata e comunicata alle Camere ed ai Consigli regionali interessati, affinché, ove lo ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali.
      Art. 137: Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie d'indipendenza dei giudici della Corte. Con legge ordinaria sono stabilite le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte. Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione.


      Con il Vi Titolo intestatato alle GARANZIE COSTITUZIONALI, SIAMO DAVANTIO ALL'IDEALE COMPLETAMENTO DI UN PERSORSO ANCHEW LOGICO CHE PARTE DALLE FONDAMENTA -i principi fondamentali- SI SVILUPPA ATTRAVERSO I DIRITTI ED I DOVERI, CONFIGURA L'ORDINAMENTO DELLO STATO A PARTIRE DAL PARLAMENTO E DAL CAPO DELLO STTAO E POI DAL GOVERNO, SANCISCE CHE PUR NELL'UNITA' DELLA NAZIONE SI FAVORISCONO LE AUTONOMIE LOCALI ED INFINE, A TUTELA DI TUTTO, LE GARANZIE COSTITUZIONALI. E' LA CARTA STESSA CHE STABILISCE QUALI SIANO GLI ORGANISMI POSTI A GARANZIA DI TUTTO CIO' CHE FIN QUI E' STATO DELINEATO. IL PRIMO, STAREI PER DIRE L'ORGANISMO DI GARANZIA PER ECCELLENZA, VIENE COSI' INDIVIDUATO NELLA CORTE COSTITUZIONALE. AD ESSA LA COSTITUZIONE AFFIDA DUE COMPITI PARTICOLARMENTE DELICATI E CIOE' IL GIUDIZIO SULLA MESSA IN STATO D'ACCUSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E QUELLO DI ATTRIBUZIONE TRA I VARI POTERI DELLO STATO (MANCO A DIRSI A GARANZIA DELLA LORO RECIPROCA INDIPENDENZA E AD EVITARE INTRUSIONI O INVASIONI DI CAMPO TRA POTERI) E IL CONTROLLO DI LEGGITTIMITà COASTITUZIONALE DELLE LEGGI. Come si vede sono compiti di estrema delicatezza che hanno grandissima importanza per il corretto funzionamento delle Istituzioni ed anche per il reciproco rispetto delle loro prerogative. Nell'intento di renderla il più "super partes" possibile poi, la nomina dei giudici, da scegliersi tra persone con ampia competenza nel campo del diritto, viene suddivisa tra diverse figure ed organi dello Stato e resta affidata per un terzo al Capo dello Stato, (Istituzione per sua stessa natura al di sopra delle parti), per un terzo al Parlamento in seduta comune (quasi a rappresentare l'interezza della Nazione e quindi al di fuori delle parti) e per l'ultimo terzo alle Supreme Magistrature della Repubblica (qui credo debba invece pensarsi ad un prevalere della competenza sèpecifica, chi meglio delle Supreme Magistrature infattio può individuare persone di ampia competenza e specchiata moralità). Così nominata, (non eletta, forse per evitare campagne elettorali) la Corte dura in carica per .... "sempre". Infatti se è vero che i giudici sono nominati per nove anni, è altresì vero che essi lo sono individualmente e la decorrenza per coiascuno parte dal proprio giuramento, sicchè quasi mai i giudici verranno a scadere contemporaneamente e quindi si può ravvedere una continuità, ininterrotta della Corte nel tempo. (E' una mia opinione personale). I Giudici non sono rieleggibili e eleggono al proprio inetrno il Presiodente della Corte che dura in carica perr tre anni ed è invece, rieleggibile, fermo restando che non può restare nella Corte per più di nove anni.
      Delle due attività che la Carta assegna alla Corte quelle di gran lunga più esercitate sono state e sono la risoluzione dei conflitti di competenza tra i poteri dello Stato e il controllo di Costituzionalità delle Leggi. Sui conflitti di competenza non viè molto da dire, lo Stato o una Regione si rivolgono alla Corte per stabilire se un certo provvedimento o una certa Legge sono di competenza dell'Uno o dell'Altra. Invece sul controllo di legittimità Costituzionale bisogna dire che lo stesso ha una notevole importanza in quanto una Legge che venga dichiarata non conforme al dettato Costituzionale cessa di avere efficacia dal giorno dopo della pubblicazione e quindi ha notevoli risvolti pratici nella quotidianità dell'amministrazione della Giustizia. Inoltre siffatto controllo fa si che nessuna Legge ordinaria possa modificare le norme Costituzionali, per la qual cosa la Carta prevede invece un apposito differente iter come vedremo con l'art 138. Infine, stante la specificità e le prerogative di grandissima competenza dei Giudici Costiuzionali, come abbiamo visto, scelti in virtù della massima competenza e imparzialità, avverso alle pronuncie della Corte non è ammessa alcuna possibilità di ricorso.
      Le sentenze della Corte Costituzionale sono cioè, caso unico in tutto l'ordinamento giuridico italiano ad essere INAPPELLABILI. 

       ARTT. 138 E 139



      Sezione II - Revisione della Costituzione. Leggi costituzionali
      Art. 138: Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.
      Art. 139: La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale


      Si è detto a proposito della Corte Costituzionale che svolge il controllo di leggittimità costiuzionale delle Leggi ordinarie; cioè controlla che che non si allontanino o peggio non confliggano con la Costituzione. Nell'ordinamento giuridico infatti esiste una graduatoria delle fonti del diritto che ha come apice appunto le Leggi Costituzionali che stabilisce che una Legge od un provvedimento di rango inferiore non possa travalicare quanto stabilito da una di rango superiore e la Costituzione è la prima ed indiscussa delle fonti per gerarchia.
      "Rebus sic stantibus" (Se le cose stanno così) non è possibile che per il varo delle Leggi ordinarie e di quelle Costituzionali valga lo stesso iter; ed infatti, se è vero che la presentazione spetta agli stessi possibili proponenti delle Leggi ordinarie la loro formazione (il loro cioè nascere) diviene assai più complesso e ciò a garanzia di modifiche ragionate e non, invece, avventate. Vediamo allora come è possibile sottoporre a revisione il dettato costituzionale. E' previsto che debbano essere approvate da ciascuna Camera e nella medesima formulazione in due distinte votazioni da effettuarsi nel rispetto di un intervallo minimo di almeno tre mesi (quasi a volerle far decantare e verificarane l'effettiva necessità e le evenutuali implicazioni su tutto il tessuto della carta che come abbiamo visto non è mai slegato, ma al contrario è ben coordinato e costiuisce un "unicum" -un tutt'uno-) Tuttavia anche questo "tempo di decantazione" non deve essere parso ai Costituenti garanzia sufficiente, infatti maggioranze particolarmente determinate potrebbero comunque approvare norme volte a proteggere unicamenet il proprio interesse e non già quello collettivo che è invece scopo della Costituzione ed in definitiva modificare a proprio favore il patto fondativo; ecco che allora è previsto il Referendum confermativo. E' questo l'unico caso di "referendum confermativo" voluto dalla Costituzione, l'altro è un "referendum abrogativo". In quanto confermativo per la validità del referendum di avvaloramento delle modifiche costituzionali, introdotte con apposita Legge nel rispetto della procedura di cui al 1° comma dell'art 138, non è richiesto il raggiungimento del cosiddetto "quorum" -quantità minima di elettori-(per la validità del risultato dell'abrogativo è necessario, invece, che si esprima almeno il 50% + 1 degli aventi diritto).Nel caso di variazione costituzionale il risultato è valido quale che sia il numero dei partecipanti al referendum stesso, essendo invece sufficiente la mera "maggioranza dei voti validi" art 138, 3° comma. Ne consegue che nell'iter materiale di approvazione di una legge di revisione costituzionale questa sia promulgata una prima volta (al termine delle due votazioni a distanza di almeno tre mesi delle due Camere), che se non vi è richiesta di referendum, diventa definitiva nei tempi previsti e che invece diventa provvisoria nel caso sia sottoposta a referndum. Infine a referendum effettuato qualora la Legge stessa venga confermata ha luogo una seconda promulgazione che è quella definitiva, invece, ove non vi sia conferma , la Legge già promulgata in via provvisoria decade, e nei fatti non è mai esistita. Tutto ciò a garanzia di eventuali colpi di mano da parte di maggioranze forti e detrminate ma non qualificate. Ove invece le modifiche alla Costituzione siano licenziate, almeno nella seconda lettura da parte di entrambe le Camere con una maggioranza di almeno i due terzi dei propri componenti (attenzione tutti i componenti e non ad esempio i soli due terzi dei presenti e votanti) si considera che essi rappresentino la maggioranza qualificata del Paese e quindi "Non si fa luogo a referendum" Art 138, ultimo comma.
      Siamo, lo abbiamo detto più volte in presenza di garanzie volte a tutela del dettato costituzionale e con l'art 139; ancora auna volta, assertivo, lineare e solenne; viene prestata quella che è la più ampia garanzia verso i cittadini e cioè quella relativa all'impossibilità di revisionare per Legge, sia pure al rango massimo (Cosituzionale), la forma di Stato ed eccola dunque l'articolo che chiude la Costituzione Italiana: il 139:
      "La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale".
      Mi piacerebbe poter leggere questo articolo anche in un altro modo ma l'interpretazione più giusta deve essere quella sin qui esposta. L'altro modo che vorrei comunque esporre è basato sul seguente sillogismo, (anche se come ben sanno quanti si occupano di filosofia non sempre la formulazione di un sillogismo porta ad un risultato corretto):
      Premesso che la forma repubblicana è stata introdotta con un Referendum in questo caso "Istitutivo"
      della Repubblica e di abbandono della Monarchia;
      Premesso ancora che nella nostra Carta nulla è (volutamente) pleonastico, come pure può apparire in quest'ottica l'enunciato dell'art 139; nel senso che chiaramente solo un altro ricorso diretto al Popolo Sovrano potrebbe invece cambiare la forma repubblicana dell'Italia;
      Non è che i Costituenti abbiano inteso dire che la forma repubblicana debba qui intendersi nel senso che la repubblica così come viene delinenata nella Costituzione stessa e cioè la Repubblica Parlamentare, eventualmente contrapposta ad esempio alla Repubblica Presidenziale, è ciò che non si può cambiare con revisione costituzionale? Domanda che ha un prorpio forte senso alla luce della più volte preannunciata riforma costiuzionale in senso federalista ma anche presidenzialista.
      Ed è con questa suggestione che conludo questa nostra "Lettura guidata della Costituzione" nella
      speranza di essere riuscito a trasmettere attraverso questo "itinerario", anche a chi ha avuto la pazienza di seguirmi fin qui, un pò del mio grande affetto e del mio grandissiimo rispetto verso la nostra C O S T I T U Z I O N E e verso il lavoro ed il sacrificio di quanti nel tempo, dal Rinascimento, cui mi sono riferito nel commento all'art 9, fino a quelli che hanno versato il proprio sangue perchè potessimo oggi averla e cioè a quanti hanno fatto la R E S I S T E N Z A, hanno reso possibile l'odierna Democrazia e l'adozione di questa COSTITUIZONE REPUBBLICANA.
      Da ultimo UN PENSIERO GRATO a quei Costituenti che L'hanno redatta anche materialmente ed A COLORO che hanno poi avuto, nel tempo, la ventura di esserne custodi da Presidenti della Repubblica e penso in particolare agli ultimi Tre ma in maniera ancora più affettuosa a chi oggi è a capo del Movimento per la Sua difesa e cioè al Presidente Emerito Oscar Luigi Scalfaro ed a chi quotidianamente in un lavorio instancabile è ancor oggi a difesa della Carta e cioè al Presidente Giorgio Napolitano.
      A loro ed a quanti hasnno avauto la pazienza di seguirmi un grande, grandissimo G R A Z I E !!!!