venerdì 20 giugno 2014

Un po’ meno sindaci nel nuovo senato


Il manifesto
19 giugno 2014 - 1 Commento »
Andrea Fabozzi
Berlusconi-renziE’ sem­pre Renzi-Berlusconi. Le riforme costi­tu­zio­nali restano un appun­ta­mento per due, un appun­ta­mento ancora rin­viato ma intui­bile sullo sfondo. Nel frat­tempo si incon­trano i secondi, il capo­gruppo dei sena­tori for­zi­sti Romani e la mini­stra Boschi che però girano sem­pre attorno alla moda­lità di ele­zione del nuovo senato. L’ex Cava­liere accetta ormai da tempo l’elezione indi­retta, ma punta ancora a ridurre il peso dei sin­daci che con­si­dera tutti o quasi tutti di sini­stra (gli ultimi rove­sci alle ammi­ni­stra­tive l’hanno raf­for­zato nell’idea). Ieri in con­fe­renza stampa ha fatto il nome del «man­dante» di Renzi, l’Anci (l’associazione nazio­nale dei comuni) di cui uno dei regi­sti dell’operazione-senato, il sot­to­se­gre­ta­rio Del­rio, è stato pre­si­dente prima di pas­sare la mano a un altro fol­go­rato da Renzi, Fassino.

La con­fe­renza stampa di Ber­lu­sconi era in realtà con­vo­cata per lan­ciare — per la sesta volta nel ven­ten­nio — l’opzione pre­si­den­zia­li­sta. Ma a tal punto l’ex Cava­liere vuole restare in scia a Renzi che fatto il lan­cio ha riti­rato la mano. Ha pre­ci­sato che l’elezione diretta del pre­si­dente della Repub­blica «non è una pre­giu­di­ziale», che «man­ter­remo gli impe­gni», e che «sono certo che l’accordo si tro­verà». Sarà un accordo vero­si­mil­mente sug­gel­lato da un nuovo incon­tro la pros­sima set­ti­mana, esteso anche alla legge elet­to­rale — Grillo arriva tardi — e all’elezione dei due giu­dici costi­tu­zio­nali.
Renzi fa sapere che «ci siamo» come ormai ogni set­ti­mana da due mesi, ma sta­volta le posi­zioni sono dav­vero vicine. Anche per­ché la Lega di Cal­de­roli ha tirato den­tro Forza Ita­lia, e i due sena­tori con­trari che pote­vano con­di­zio­nare l’esito sono stati cac­ciati dalla com­mis­sione affari costi­tu­zio­nali. Poi in aula si vedrà. L’ultima spinta è arri­vata dalla con­fe­renza dei capi­gruppo di palazzo Madama, che ha già fis­sato la data dell’approdo in aula del dise­gno di legge costi­tu­zio­nale — il 3 luglio — quando ancora non è stato votato un emen­da­mento. Anzi, quando ancora non si cono­scono nel det­ta­glio gli emen­da­menti della rela­trice Finoc­chiaro (li leg­ge­remo forse domani, forse martedì).
Alcuni pos­sono con­si­de­rarsi scon­tati, si tratta delle cor­re­zioni agli sva­rioni che il governo ha volu­ta­mente lasciato nel testo Renzi-Boschi per far toc­care palla ai sena­tori: la ridu­zione dei 21 sena­tori di nomina pre­si­den­ziale, il rie­qui­li­brio dei pesi delle regioni sulla base della popo­la­zione, l’ampliamento della pla­tea dei grandi elet­tori del pre­si­dente della Repub­blica (così da non far deci­dere tutto alla camera) e l’aumento delle com­pe­tenze della nuova camera, che si chia­merà ancora senato della Repub­blica. Quanto ai sin­daci, che nel primo pro­getto di Renzi avreb­bero dovuto com­porre la quasi tota­lità dell’assemblea e nel secondo almeno la metà, scen­de­ranno pro­ba­bil­mente ancora sotto la quota di un terzo, avvi­ci­nan­dosi al numero di uno per regione. Troppi in ogni caso, a voler seguire la logica: gli ammi­ni­stra­tori comu­nali non sono nean­che lon­ta­na­mente dei legi­sla­tori come i con­si­glieri regio­nali, ma la ban­diera del cam­pa­nile Renzi e Del­rio dovranno pur sventolarla.
E così i con­si­glieri regio­nali sce­glie­ranno al pro­prio interno e tra i sin­daci della regione i nuovi sena­tori — «per un’istituzione leg­gera», dice Del­rio. Forza Ita­lia, che a conti fatti è in mino­ranza anche nei con­si­gli regio­nali, sta cer­cando una mec­ca­ni­smo per ste­ri­liz­zare l’effetto della leggi elet­to­rali regio­nali mag­gio­ri­ta­rie, ma non è facile. Renzi sa che l’alleato Ber­lu­sconi lo seguirà comun­que e la prova sta nel modo con il quale ha liqui­dato la sor­tita pre­si­den­zia­li­stica: «Aprire la que­stione adesso è inop­por­tuno e intem­pe­stivo». Non che l’argomento lo disturbi.
L’ultimo osta­colo è quello al solito vele­noso dei det­ta­gli. Ma il cuore, cioè la volontà di Renzi di scol­pire il suo segno e di Ber­lu­sconi di non per­dere il treno — «sono le riforme che abbiamo sem­pre voluto» — è già oltre l’ostacolo. L’ultima con­ferma è arri­vata dalla giunta per il rego­la­mento che doveva occu­parsi della desti­tu­zione di Mario Mauro dalla prima com­mis­sione, ordi­nata da Renzi ed ese­guita da Casini. Per Forza Ita­lia uno scan­dalo, fino all’altrieri. Ma il voto dei for­zi­sti unito a quello di Sel e M5S avrebbe finito per ripor­tare in com­mis­sione il sena­tore con­tra­rio al testo del del governo. E allora fermi tutti, meglio rinviare.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Queste riforme annunciate da questi due signori seppelliranno quel che resta di uno Stato democratico e gli Italiani stanno a guardare ... Certo la partita, il mare sono cose a cui non possono rinunciare, ma della democrazia pare non importi niente a nessuno. Io sono convinta che se dovessero passare queste riforme avremo un futuro nero come la pece ...

Anonimo ha detto...

Queste riforme annunciate da questi due signori seppelliranno quel che resta di uno Stato democratico e gli Italiani stanno a guardare ... Certo la partita, il mare sono cose a cui non possono rinunciare, ma della democrazia pare non importi niente a nessuno. Io sono convinta che se dovessero passare queste riforme avremo un futuro nero come la pece ...