venerdì 26 luglio 2013

Innocenti evasioni e riforme costituzionali colpevoli - Peter Gomez - Il Fatto Quotidiano

"Il bisogno di fare in fretta è evidente a ogni italiano. Per questo, certamente a malincuore, il Parlamento si è trovato costretto a rinunciare per ora all’esame del disegno legge governativo sullariduzione del finanziamento pubblico ai partiti e a altre quisquilie, come la abolizione, o riforma, della prescrizione nei processi penali richiesta dall’Unione Europea. E la nuova legge elettorale.
Fortunatamente il laborioso impegno di Montecitorio non inficia l’altrettanto alacre lavoro dell’ufficio di presidenza della Camera, che proprio mentre Fassina parlava è riuscito a trovare il tempo per spartire tra i vari gruppi 58 milioni di contributi relativi al 2013."
Che tristezza .....
Innocenti evasioni e riforme costituzionali colpevoli - Peter Gomez - Il Fatto Quotidiano

Province, approvato ddl che “svuota” i poteri e riordina enti locali - Il Fatto Quotidiano

E' incredibile quello che sta facendo questo Governo!
Province, approvato ddl che “svuota” i poteri e riordina enti locali - Il Fatto Quotidiano

"Cassazione, anche a Palermo lunedì 29 luglio, ore 18,30 presidio in difesa della Costituzione"


 Comunicato Spampa

"Cassazione, anche a Palermo lunedì presidio in difesa della Costituzione"
 
“Lunedì 29 luglio, vigilia della sentenza della Cassazione sul processo Mediaset, in diverse città italiane, si terranno presidi in difesa della Costituzione. Non saranno manifestazioni contro Berlusconi ma in difesa del principio di uguaglianza tra i cittadini.
Tra queste città c'è pure Palermo dove, in contemporanea con le altre città, si terrà, alle 18.30, un presidio davanti al tribunale dal titolo
"Nessuno è più uguale degli altri".
Inoltre, in occasione di questo sit-in, si terrà,  in contemporanea, un FLASH MOB per esprimere la nostra solidarietà al PM Nino Di Matteo a seguito delle pesanti e ripetute minacce ricevute.
 A promuovere l'iniziativa un gruppo di cittadini.”
"Comitato 29 luglio"

lunedì 15 luglio 2013

Inaccettabile — Liberacittadinanza

Il Treno delle Donne in difesa della Costituzione si associa a questo appello ed invita tutti a mobilitarsi in difesa della nostra Costituzione.
Inaccettabile — Liberacittadinanza

Il ricatto — Liberacittadinanza

La separazione dei poteri e la garanzia della indipendenza della Magistratura sono condizioni ineludibili perché uno Stato possa essere considerato democratico. La pretesa (perché di questo si tratta) che il potere politico orienti una sentenza, che dovrebbe dipendere solo dall'accertamento della verità, costituisce di per sé un atto gravemente eversivo che dovrebbe essere respinto senza esitazione. E non può essere giustificato con l'esigenza di mantenere in vita un governo incapace di assumere alcuna decisione seria, che sembra porsi solo l'obiettivo di realizzare le promesse elettorali del PDL (cancellazione dell'IMU, nessun aumento dell'IVA) e i 'consigli' interessati della finanza internazionale che è all'origine della crisi e esprime mediante J.P.Morgan la propria ostilità alla nostra democrazia.
Sospendendo i propri lavori anche solo per qualche ora in aperta polemica con la Magistratura, la maggioranza di questo Parlamento ha dimostrato di non sentirsi vincolata ai principi di equilibrio, giustizia e eguaglianza su cui è fondata la nostra Repubblica e ai quali ha giurato fedeltà, così come ha fatto il Presidente della Repubblica.
Ma soprattutto di non essere legittimata ad affrontare una seria analisi delle motivazioni, per ora oscure, che imporrebbero di stravolgere con urgenza la nostra Costituzione, né tanto meno a valutare ed approvare 'riforme' in grado di modificare in modo irreversibile il nostro futuro.

Il ricatto — Liberacittadinanza

Minacce alla Cassazione: il Pd e la corda che si spezza — Liberacittadinanza


Ma quello che non è stato messo abbastanza in evidenza è che se il Pd ha condiviso la reazione aberrante del Pdl ad un passaggio tecnico dovuto per il concreto rischio prescrizione nei 45 giorni successivi al periodo feriale, non si riesce nemmeno ad immaginare che cosa può essere chiamato ad avallare all’indomani della sentenza del 30 luglio.
Però ormai si può fondatamente prevedere come “lo sventurato” potrebbe rispondere all’appello-diktat del suo partner. Intanto i giornali di famiglia titolano già “In caso di condanna grazia a Silvio, ci sta anche Letta”. Figuriamoci se il Pd vuole essere “divisivo”.
Questa è stata “solo”  una prova generale di pressione ed intimidazione in vista della sentenza. Fino a che punto vorrà spingersi il Pd nell’affiancare la forzatura eversiva nei confronti della magistratura, sfidata frontalmente e minacciata nella sua totalità, dagli odiati pm ai giudici di legittimità? Forse il Pd  ha voluto, al di là delle dichiarazioni, dimostrarsi fin d’ora disponibile ad assecondare le pretese di impunità del senatore Berlusconi anche dopo un’eventuale sentenza definitiva di condanna negando con il voto contrario la decadenza dalla carica per interdizione?
Epifani con una vocina alquanto flebile ha tardivamente invitato il Pdl a “non tirare troppo la corda” perché così “si spezza”.
Ma forse farebbe bene da segretario, anche a seguito del circuito tragicomico innescato dalla lettera dei 70 contro “gli autogol” dove non si distinguono più i mittenti dai destinatari, a ricordare al partito di non tirare troppo la corda con gli elettori perché potrebbero anche non “pazientare” all’infinito.
Minacce alla Cassazione: il Pd e la corda che si spezza — Liberacittadinanza

venerdì 12 luglio 2013

Ineleggibilità Berlusconi, disegno di legge del Pd: “Diventi incompatibilità” - Il Fatto Quotidiano

Ineleggibilità Berlusconi, disegno di legge del Pd: “Diventi incompatibilità” - Il Fatto Quotidiano

Seminario di studio sulla riforma costituzionale




Facoltà di Giurisprudenza

Associazione
“Salviamo la Costituzione: aggiornarla non demolirla”



Seminario di studio sulla riforma costituzionale


Martedì 23 luglio 2013, ore 14.30 - 18.30

Aula Calasso della Facoltà di Giurisprudenza
Piazzale Aldo Moro 5


Introduce e presiede
Prof. Alessandro Pace

Interverranno Adele Anzon, Umberto Allegretti, Gaetano Azzariti, Franco Bassanini, Francesco Bilancia, Antonio Caputo, Augusto Cerri, Enzo Cheli, Pietro Ciarlo, Mario Dogliani, Mario Esposito, Gianni Ferrara, Massimo Luciani, Michela Manetti, Cesare Pinelli, Giuseppe Ugo Rescigno, Paolo Ridola, Massimo Siclari, Federico Sorrentino




Il Presidente dell’Associazione                                            Il Preside
    Salviamo la Costituzione                               Facoltà di Giurisprudenza
       Prof. Alessandro Pace                                  Prof. Giorgio Spangher  

Le sagge dimissioni



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il manifesto  12 luglio 2013
Andrea Fabozzi
“La maggioranza, con il comportamento di mercoledì, ha mostrato la sua assoluta estraneità ai valori dello stato di diritto, il disprezzo per il costituzionalismo liberale e i suoi più elementari principi”. È un giudizio politico molto duro, definitivo, quello che ha portato ieri mattina Lorenza Carlassare a dimettersi dalla commissione dei “saggi” nominata dal governo per accompagnare il percorso delle riforme. La professoressa, una delle più autorevoli voci del costituzionalismo italiano, era sta indecisa prima di accettare la nomina nel comitato.
Proprio al manifesto, nel giorno dell’insediamento dei “saggi”, la professoressa Carlassare aveva detto: “Sono consapevole dei rischi che corro, se mi rendessi conto di non riuscire a far valere le mie ragioni mi dimetterei”. Ma non è per questo che ora lascia. Piuttosto, ha spiegato in una lettera al ministro delle riforme Gaetano Quagliarello, perché “non posso certamente continuare a far parte della Commissione di un governo sostenuto da una maggioranza che decide di fermare i lavori del parlamento, perché la data di una sentenza non consente a un imputato eccellente di fruire della prescrizione”.
Professoressa Carlassare, il Pdl ha sostenuto il suo dirittto a potersi riunire per reagire a quello che considera un “attacco della magistratura”. Cosa c’entra con il lavoro dei “saggi”?
Ho annunciato le mie dimissioni al ministro Quagliarello, che è persona assai cortese, con dispiacere. Ma non mi è più possibile partecipare a una commissione governativa dopo quello che è successo mercoledì in parlamento. Abbiamo assistito a una clamorosa violazione dei principi più elementari dello stato di diritto. Non solo: la decisione di bloccare le istituzioni rappresenta un’evidente pressione indibita sulla corte di Cassazone. Con quel gesto clamoroso la maggioranza sembra voler indurre la Corte a esprimere un giudizio favorevole nei confronti di un imputato eccellente.

Non le è parsa irrituale una convocazione tanto ravvicinata dell’udienza?
Direi piuttosto che per la Cassazione era doveroso comportarsi così. Doveva evitare che i reati di cui Silvio Berlusconi è accusato andassero, anche in questo caso, prescritti.
Come giudica la decisione del Pd di acconsentire allo stop, sia pure di un solo giorno rispetto ai tre chiedeva inizialmente il Pdl?
Sono sgomenta. Non posso accettare che anche i parlamentari per i quali ho stima si siano piegati di fronte a un simile comportamento arrogante. Un comportamento che già di per sé è contrario alla Costituzione, perché il rispetto della magistratura è tra le prime regole dello stato di diritto.
Aggiungerei anche che provo meraviglia per il fatto che di fronte a questa arroganza siano rimaste in silenzio personalità di grande autorevolezza e cariche di responsabilità istituzionali. Anche per questo ho deciso che era doveroso far sentire la mia voce, per quanto esile.
Però aggiunge di dimettersi con dispiacere dalla commissione dei saggi.
È così. Da principio ero riluttante, vista l’innaturale maggioranza che sostiene il governo. Per di più il percorso che ha portato alla nascita di questo esecutivo mi sembrava e continua a sembrarmi costituzionalmente dubbio. Ma vista la qualità dei colleghi sono rimasta volentieri nella commissione. Anche perché stavo registrando notevoli convergenze di pensiero. Nel corso dell’ultima riunione – dedicata all’argomento più delicato, la forma di governo – sono stata felice di scoprire una grande condivisione attorno all’idea che la forma di governo parlamentare può essere sì migliorata, ma senza cambiarla in favore di un improbabile presidenzialismo. Mi dispiace davvero, ma dopo quel che è accaduto in parlamento ho capito che non mi sarebbe più stato possibile restare. Così ho deciso di dimettermi.

L’umiltà costituzionale


12 luglio 2013 -  

Walter Tocci
Signor presidente, colleghi senatori, se dovessi risultare sgradevole sappiate che non è mia intenzione. Vorrei ribaltare un famoso incipit dicendo che tutto fuorché la cortesia mi porta contro questa proposta di legge. Il mio dissenso comincia nel titolo, si alimenta nel testo e diventa totale sull’idea stessa di toccare la Costituzione. Per rispetto del mio partito non voto contro, ma nel rispetto dell’articolo 67 della Costituzione non posso votare a favore. D’altronde c’è già troppo unanimismo: si diffondono luoghi comuni che suonano veri solo perché vengono ripetuti con sicumera dall’inizio del dibattito trent’anni fa. Alcuni giovani parlamentari andavano ancora all’asilo, il mondo è cambiato, ma l’agenda è rimasta sempre la stessa. L’entusiasmo iniziale delle Bicamerali si è tramutato in una vera ossessione a modificare le istituzioni, una malattia solo italiana che non trova paragoni in nessun altro paese occidentale. È difficile credere che la nostra Carta sia tanto più difettosa delle altre da meritare questo accanimento terapeutico. È più probabile che il malanno dipenda dagli improbabili costituenti. Siamo chiamati a dichiarare che la revisione della Costituzione è oggi una suprema esigenza nazionale.
Mi chiedo, perché? Per cosa? E in nome di chi?
Il perché riguarda il tema della decisione. Si ricorre all’ingegneria istituzionale per obbligare il politico a fare ciò che non gli riesce spontaneamente. Si riprende a sfogliare l’atlante politologico alla ricerca del modello – francese, tedesco, spagnolo, americano e perfino australiano – che dovrebbe essere capace di redimere la politica. Questo cadornismo applicato al sistema politico-istituzionale ha sempre fallito: il bipolarismo doveva eliminare la corruzione, il federalismo doveva promuovere lo sviluppo locale, il maggioritario doveva garantire la stabilità e via di questo passo. Per dirla con Don Abbondio, chi non ha la volontà politica non se la può dare con gli artifici istituzionali. Eppure questa illusione è dura a morire. Ha sostenuto strategie politiche, animato talk show, ha creato perfino un nuovo ordine professionale degli ingegneri istituzionali – costituito dai parlamentari esperti del tema, ai quali va comunque la mia stima personale, dai giuristi che ne hanno fatto una carriera accademica e dagli editorialisti che ne hanno fatto una fortuna mediatica. L’ordine degli ingegneri si pone solo domande tecniche, evitando i problemi che potrebbero mettere in discussione la sua esistenza.
Il dato saliente del trentennio è la crisi dei partiti. La causa politica dell’ingovernabilità è stata però trasferita in capo alle istituzioni: “se non si decide, non è colpa mia ma dello Stato che non funziona”. Questo è il motto del politico, a tutti i livelli, dal governo nazionale fino all’ultimo dei municipi. Ma lo sviamento non è stato innocuo. È servito come alibi alla politica per non affrontare i suoi problemi, che nel frattempo si sono aggravati. Le istituzioni sono state stravolte per finalità strumentali invece di essere curate nella loro essenza. La promessa era di riformare lo Stato per migliorare i partiti, ma sono peggiorati entrambi; mai erano precipitati tanto in basso nella stima dei cittadini. È tempo di fare sobriamente la nostra parte lasciando in pace le istituzioni. L’unica riforma veramente necessaria è cambiare i nostri partiti per renderli adeguati a governare il futuro Paese.
La domanda sul cosa si è ridotta a un mantra: il mondo cambia e bisogna decidere in fretta. Ma in quest’aula sappiamo bene che le leggi più brutte sono proprio quelle più frettolose: il Porcellum fu approvato in poche settimane; le leggi ad personam di gran carriera; diversi decreti di Monti, dai contratti di lavoro fino all’eliminazione delle province, furono approvati tra lo squillar di trombe e si ritrovano oggi smontati dal governo Letta. Il decisionismo senza idee ha prodotto un’alluvione normativa che soffoca l’economia e la vita quotidiana dei cittadini. Ce la prendiamo con la burocrazia come se fosse un destino cinico e baro, ma essa dipende dalle troppe leggi che approviamo qui. Aveva ragione Luigi Einaudi a fare l’elogio della lentezza parlamentare come antidoto all’ipertrofia normativa.
Non è la velocità, ma la qualità che manca al procedimento legislativo. La causa è nello strapotere dei governi che da tanti anni impongono a colpi di fiducia le leggi omnibus, con centinaia di commi disorganici, improvvisati, spesso modificati prima di essere applicati. Questa peste normativa distrugge l’Amministrazione dello Stato, fa nascere i contenziosi, le interpretazioni fantasiose e la paralisi attuativa. Bisognerebbe restituire al Parlamento la piena sovranità legislativa, ma questa autoriforma dovremmo farla noi, cari colleghi, senza delegarla all’ordine professionale degli ingegneri istituzionali. Dovremmo attuarla con l’orgoglio di parlamentari: poche leggi l’anno, in forma di Codici unitari, delegando funzioni al governo e aumentando i poteri di controllo; stabilire che non si legiferi senza prima valutare i risultati delle leggi precedenti; dare alle commissioni parlamentari poteri effettivi di inchiesta – un dirigente di Finmeccanica, quando viene chiamato in Senato, dovrebbe temere la graticola come un dirigente di strutture federali chiamato a render conto di fronte al Congresso americano.
Sulla terza domanda, in nome di chi, si risponde di solito appellandosi all’interesse nazionale. Eppure ogni volta che abbiamo modificato la Costituzione ce ne siamo poi dovuti pentire: il Titolo Quinto ha creato conflitti permanenti tra Stato e Regioni; dopo lo ius sanguinis del voto all’estero oggi si passa a invocare lo ius soli per i figli degli immigrati; prima si blocca il pareggio di bilancio e poi si esulta per la deroga concessa dall’Europa.
D’altro canto, basta leggere il testo per notare la discontinuità. La bella lingua italiana, con le parole semplici e intense dei padri costituenti, viene improvvisamente interrotta da un lessico nevrotico e tecnicistico, scandito dai rinvii a commi, come in un regolamento di condominio. Sono queste le parti aggiunte da noi.
Fortunatamente i cittadini hanno evitato i guai peggiori bocciando la legge costituzionale ideata dagli stessi autori del Porcellum. L’unico baluardo lo abbiamo trovati nei presidenti di garanzia come Scalfaro, Ciampi e Napolitano. Mi sconcerta la leggerezza con la quale si ritiene possibile demolire questo ultimo bastione. In Italia la personalizzazione si è sempre presentata come patologia, mai come responsabilità della leadership. Non scherziamo col fuoco. Il presidenzialismo non sarebbe un emendamento, ma un’altra Costituzione.
Dovremmo avere un senso del limite. I nostri partiti rappresentano oggi a malapena la metà del corpo elettorale. L’altra metà ha manifestato in tutti i modi il suo disagio e la sua sfiducia. Non è saggio usare la revisione costituzionale per santificare un governo privo del mandato elettorale. Questo è il vulnus che segna la modifica del 138. Il procedimento lega la sorte del governo ai tempi e ai modi della revisione costituzionale. Porre un vincolo di maggioranza come inizio e come fine della riforma è una forzatura politico-costituzionale senza precedenti in Italia e in Europa. I governi passano e le costituzioni rimangono – non dimentichiamolo.
La nostra, la mia generazione ha dimostrato abbondantemente l’inadeguatezza al compito costituente. Che possa adempierlo oggi, al minimo storico del consenso elettorale, è un ardimento senza responsabilità, è una dismisura contro la saggezza costituzionale. Lasciamo alle generazioni successive il compito di rielaborare l’eredità ricevuta dai padri costituenti. Non tutte le generazioni hanno l’autorevolezza per cambiare le Costituzione.
Dovremmo prenderne atto con l’umiltà che dovrebbe sempre accompagnare l’esercizio del potere. Quell’umiltà che è oggi il miglior contributo che possiamo portare alla Carta Costituzionale.

giovedì 11 luglio 2013

Un Giorno da dimenticare - 10.7.2013



Si chiude una giornata bruttissima , una di quelle che si vorrebbero dimenticare, anche se sappiamo che non sarà facile per gli effetti nefasti che ha avuto ed avrà sulla democrazia del nostro Paese. 
In Parlamento si è consumato un atto gravissimo con il consenso e la partecipazione del PD. Un fatto questo che non pensavo mai si potesse verificare, anche se fin dalla nascita di questo partito ho capito che sarebbe finita malissimo, ma mai avrei immaginato fino a questo punto. Che fare? Non so davvero, di sicuro bisognerebbe però cercare il modo di ripartire, cominciare a ricostruire dalle ceneri di questo partito, che nessun uomo che si reputa di sx da oggi deve avere il coraggio di votare più. Ce la faremo? Dipende solo da ognuno di noi. Penso anche che è nostro dovere provarci per cercare di salvare il Paese.
Nella Toscano

MATTEO PUCCIARELLI – Compagni il fondo è toccato, adesso scavate


 mpucciarelli2 La serrata del Parlamento causa motivi giudiziari di un singolo cittadino – ok lo so, un Parlamento spesso inutile e ancor più di frequente dannoso – ha un che di epico, di palingenetico; insomma, qui si fa la storia, amici e compagni. Certo, la storia alla rovescia, ma pur sempre storia è.


Non bastavano le numerose volte in cui un’opposizione debole aveva tolto le castagne dal fuoco al governo Berlusconi; non bastava nemmeno l’amaro calice di oltre un anno di governo tecnico con democrazia a scarto ridotto alleati della destra; no, non bastava nemmeno il tradimento nei confronti del proprio fondatore (Romano Prodi) e l’assoluto disinteresse verso un uomo della sinistra (Stefano Rodotà) per la corsa al Quirinale; e neppure il governo stavolta neanche tecnico ma politico con (guarda un po’) Berlusconi. Serviva qualcosa in più al Partito democratico: un atto unico, forte. Cioè accettare una minaccia sguaiata – perché di tale si tratta – nei confronti della magistratura chiudendo per un giorno il luogo dove ogni cittadino (di destra, di sinistra, di opposizione e non) dovrebbe sentirsi rappresentato.
Forse abituati a tutto ci abitueremo anche a questo. Considereremo responsabile anche l’irresponsabilità, considereremo pragmatica anche la follia, considereremo coerente anche l’incoerenza, considereremo sinistra anche la destra. O forse no. No, non ci siamo mai abituati. Toccato il fondo, resteremo qui a vedervi scavare.
Matteo Pucciarelli
(10 luglio 2013) 

mercoledì 10 luglio 2013

Non toccate la Costituzione!!!

Ho ricevuto e volentieri pubblico perchè ognuno possa inviare questo appello ai senatori. Vista la gravità della situazione Vi prego vivamente di farlo e di condividere con i vostri Amici. 
Grazie!!!
Nella T. http://www.trenodelledonne.it/blog/281-non-toccate-la-costituzione.html

Larghe complicità!

Occorrono sentinelle per la Costituzione!

Disegno di legge costituzionale 813 9 luglio 2013 -


Art. 1.

(Istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali)

1. È istituito un Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali, di seguito denominato «Comitato», composto di venti senatori e venti deputati, nominati dai Presidenti delle Camere, d’intesa tra loro, tra i membri, rispettivamente, delle Commissioni permanenti competenti per gli affari costituzionali del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Fanno parte di diritto del Comitato i Presidenti delle predette Commissioni parlamentari, cui è affidata congiuntamente la Presidenza del Comitato.

2. La nomina di cui al comma 1 è effettuata su designazione dei Gruppi parlamentari delle due Camere, previa intesa tra i Presidenti di Gruppo, in base alla complessiva consistenza numerica dei Gruppi e al numero dei voti conseguiti dalle liste e dalle coalizioni di liste ad essi riconducibili, assicurando in ogni caso la presenza di almeno un rappresentante per ciascun Gruppo e di un rappresentante delle minoranze linguistiche. Se nei quindici giorni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale uno o più Gruppi non abbiano provveduto alla predetta designazione, i Presidenti delle Camere, d’intesa tra loro, provvedono alla nomina dei componenti del Comitato sulla base dei criteri di cui al presente comma.

3. La prima riunione del Comitato ha luogo non oltre i trenta giorni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.

4. Nella prima seduta il Comitato elegge un Ufficio di presidenza composto di due vicepresidenti, dei quali un senatore e un deputato, con voto segreto e limitato ad uno, e quattro segretari, dei quali due senatori e due deputati, con voto segreto e limitato a due. Risultano eletti rispettivamente il senatore e il deputato e i due senatori e i due deputati che ottengono il maggior numero di voti. In caso di parità di voti, risulta eletto il più anziano per età.

5. Nelle sedute delle rispettive Assemblee, i componenti del Comitato assenti, in quanto impegnati nei lavori del Comitato medesimo, non sono computati ai fini del numero legale.

Art. 2.

(Competenze e lavori del Comitato)

1. Il Comitato esamina i progetti di legge di revisione costituzionale degli articoli di cui ai titoli I, II, III e V della parte seconda della Costituzione, afferenti alle materie della forma di Stato, della forma di Governo e del bicameralismo, nonché i coerenti progetti di legge ordinaria di riforma dei sistemi elettorali.

2. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati assegnano o riassegnano al Comitato i progetti di legge costituzionale ed ordinaria relativi alle materie di cui al comma 1, presentati alle Camere a decorrere dall’inizio della XVII legislatura e fino alla data di conclusione dei suoi lavori.

3. Il Comitato esamina i progetti di legge ad esso assegnati in sede referente, secondo le norme della presente legge costituzionale e del regolamento della Camera dei deputati, in quanto applicabili. Il Comitato può adottare, a maggioranza assoluta dei componenti, ulteriori norme per il proprio funzionamento e per lo svolgimento dei lavori. Non sono in ogni caso ammesse questioni pregiudiziali, sospensive e di non passaggio agli articoli.

4. Il Comitato nomina uno o più senatori o deputati con funzioni di relatore. Possono essere presentate relazioni di minoranza. Il Comitato assegna un termine per la presentazione delle relazioni ed un termine entro il quale pervenire alla votazione finale.

5. Il Comitato, concluso l’esame preliminare dei progetti di legge ad esso assegnati ai sensi del comma 2, trasmette ai Presidenti delle Camere i testi dei progetti di legge, ovvero i testi unificati, adottati come base per il seguito dell’esame.

6. Entro i termini fissati d’intesa tra i Presidenti delle Camere, ciascun senatore o deputato e il Governo possono presentare alle Presidenze delle Camere emendamenti su ciascuno dei testi adottati ai sensi del comma 5, sui quali si pronuncia il Comitato.

7. Al fine di rispettare i termini di cui all’articolo 4, la Presidenza del Comitato ripartisce, se necessario, il tempo disponibile secondo le norme del regolamento della Camera dei deputati relative all’organizzazione dei lavori e delle sedute dell’Assemblea.

Art. 3.

(Lavori delle Assemblee)

1. I Presidenti delle Camere adottano le opportune intese per l’iscrizione del progetto o dei progetti di legge costituzionale od ordinaria all’ordine del giorno delle Assemblee e stabiliscono la data entro la quale ciascuna Camera procede alla loro votazione finale, nel rispetto dei termini di cui all’articolo 4.

2. Il Comitato è rappresentato nella discussione dinanzi alle Assemblee di ciascuna Camera da un sottocomitato formato dai Presidenti, dai relatori e da senatori e deputati in rappresentanza di tutti i Gruppi.

3. Nel corso dell’esame davanti alle Assemblee si osservano le norme dei rispettivi regolamenti. Le votazioni avvengono a scrutinio palese. Fino a cinque giorni prima della data fissata per l’inizio della discussione generale, i componenti dell’Assemblea possono ripresentare gli emendamenti respinti dal Comitato in sede referente e presentare emendamenti al testo del Comitato, in diretta correlazione con le parti modificate ai sensi dell’articolo 2, comma 6. Il Comitato e il Governo possono presentare emendamenti o subemendamenti fino a quarantotto ore prima dell’inizio della seduta in cui è prevista la votazione degli articoli o degli emendamenti ai quali si riferiscono. Agli emendamenti del Comitato e del Governo, che sono immediatamente stampati e distribuiti, possono essere presentati subemendamenti da parte di un Presidente di Gruppo o di almeno venti deputati o dieci senatori fino al giorno precedente l’inizio della seduta in cui è prevista la votazione di tali emendamenti.

Art. 4.

(Organizzazione dei lavori)

1. I lavori parlamentari relativi ai progetti di legge costituzionale di cui all’articolo 2, comma 1, sono organizzati in modo tale da assicurarne la conclusione entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.

2. Ai fini di cui al comma 1, il Comitato, entro quattro mesi dalla data della sua prima seduta, trasmette ai Presidenti delle Camere i progetti di legge costituzionale approvati in sede referente, corredati di relazioni illustrative e di eventuali relazioni di minoranza. Ciascun progetto di legge è omogeneo e autonomo dal punto di vista del contenuto e coerente dal punto di vista sistematico. Qualora entro il predetto termine per uno o più progetti di legge costituzionale non si pervenga all’approvazione, il Comitato trasmette comunque un progetto di legge fra quelli assegnati ai sensi dell’articolo 2, comma 2, nel testo eventualmente emendato dal Comitato stesso.

3. In prima deliberazione, l’Assemblea della Camera che procede per prima all’iscrizione del progetto di legge costituzionale all’ordine del giorno ne conclude l’esame nei tre mesi successivi alla data della trasmissione di cui al comma 2. Il progetto di legge approvato è trasmesso all’altra Camera, che ne conclude l’esame entro i successivi tre mesi. I termini per la conclusione delle ulteriori fasi dell’esame delle Assemblee sono fissati d’intesa dai Presidenti delle Camere.

4. Il progetto o i progetti di legge costituzionale sono adottati da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di un mese e sono approvati a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.

5. Il Comitato trasmette altresì ai Presidenti delle Camere uno o più progetti di legge ordinaria di cui all’articolo 2, comma 1, approvati in sede referente, corredati di relazione illustrativa e di eventuali relazioni di minoranza. I Presidenti delle Camere stabiliscono, d’intesa tra loro, i termini di conclusione dell’esame dei progetti di legge di cui al presente comma, in coerenza con i termini di esame dei progetti di legge costituzionale stabiliti ai sensi del presente articolo.

Art. 5.

(Referendum)

1. La legge o le leggi costituzionali approvate ai sensi della presente legge costituzionale sono sottoposte, quando ne facciano domanda, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali, a referendum popolare anche qualora siano state approvate nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti e sono promulgate se al referendum siano state approvate dalla maggioranza dei voti validi.

Art. 6.

(Ambito di applicazione del procedimento)

1. Il procedimento di cui alla presente legge costituzionale si applica esclusivamente ai progetti di legge assegnati al Comitato nei termini di cui all’articolo 2, comma 2.

2. Per la modificazione della legge o delle leggi costituzionali od ordinarie, approvate secondo quanto stabilito dalla presente legge costituzionale, si osservano le norme di procedura rispettivamente previste dalla Costituzione.

Art. 7.

(Cessazione delle funzioni del Comitato)

1. Il Comitato cessa dalle sue funzioni con la pubblicazione della legge o delle leggi costituzionali od ordinarie approvate ai sensi della presente legge costituzionale, ovvero in caso di scioglimento di una o di entrambe le Camere.

Art. 8.

(Spese di funzionamento)

1. Le spese per il funzionamento del Comitato sono poste a carico, in parti eguali, del bilancio interno del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.

Art. 9.

(Entrata in vigore)

1. La presente legge costituzionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale successiva alla promulgazione