sabato 12 novembre 2011

Sul " Popolo Sovrano "

di Mariano Colla

Sono giorni drammatici per il destino economico del nostro paese. Per noi, gente comune, lontana dalla stanza dei bottoni, il perseverare di notizie allarmanti sul debito, sugli spread, sulle banche in sofferenza e sulle tempeste politiche è causa di apprensione e, soprattutto, di una sensazione di impotenza.
Situazione grave che richiederebbe serietà, equilibrio e impegno da parte della politica e, invece, assistiamo a un indecoroso marasma parlamentare. In tale situazione emerge la rassicurante figura del presidente della repubblica Giorgio Napolitano che, con sensibilità istituzionale e senso dello Stato, cerca di fissare scadenze operative non solo per superare la crisi di governo in atto ma, innanzitutto, per assicurare una onorevole via d’uscita dell’Italia dallo stallo economico che attanaglia il paese sia a causa dell’incombere del debito e della assenza di crescita sia per una credibilità internazionale ai minimi storici.
Si impongono interventi di emergenza come poche volte si sono resi necessari nella storia della Repubblica italiana.
Ebbene, nonostante l’evidente e conclamata gravità della situazione e la necessità di interventi tempestivi, alcuni partiti, contrari ad interventi d’emergenza, invocano il diritto del popolo sovrano ad esprimersi, tramite libere elezioni, sull’assetto politico che dovrà guidare la gestione del potere nei mesi a venire. Quando un governo cade i principi di uno stato democratico lo impongono. La domanda che mi faccio, leggendo i quotidiani e guardando la televisione, è se il popolo sovrano abbia gli strumenti, la sensibilità, la competenza e il tempo per esprimersi in una situazione di tale gravità che richiede azioni mirate e tempestive.
Per curiosità ho aderito a uno dei sondaggi che la rete sollecita sul quesito: elezioni anticipate o governo tecnico di larghe intese?
Al momento il risultato del sondaggio fornisce i seguenti risultati: a favore delle elezioni anticipate il 40,6% , a favore di un governo di emergenza circa il 56%. I sondaggi vanno valutati « cum grano salis » , ma una indicazione la devono pur dare se la politica ne ha fatto un gran uso da un po’ di tempo a questa parte. Mi sembra che il popolo sovrano un orientamento lo stia esprimendo, orientamento che i partiti politici dovrebbero considerare, dimenticandosi, almeno in questo caso, degli interessi di parte.
Siamo tutti d’accordo che in una situazione normale, come peraltro è spesso accaduto in passato, le elezioni anticipate sono la norma in democrazia, ma, forzando un celebre concetto del filosofo e sociologo tedesco Carl Schmitt, la sovranità si esercita anche tramite l’introduzione dello stato di eccezione quale sospensione della norma, quando le situazioni lo impongono. E, a mio avviso, non potendo ignorare oltre gli appelli preoccupati che eminenti economisti rivolgono da alcuni mesi al nostro paese, vi sono tutte le motivazioni per applicare lo stato di eccezione. Va inoltre detto che al popolo italiano, soggetto a una legge elettorale distorta e priva di strumenti reali per la determinazione della volontà, quali le preferenze, viene al momento negata una vera libertà di scelta dei propri rappresentanti.
La necessità di una revisione della legge elettorale corrente, iniqua per la libertà di espressione, processo non realizzabile in tempi brevi, e la contemporanea urgenza di varare interventi economici e sociali, richiedono alle forze politiche un atto di responsabilità collettiva e uno spirito di coesione al quale, credo, il popolo sovrano non sarebbe contrario.
Del resto se le fibrillazioni politiche quotidiane generano oscillazioni continue della borsa e degli spread, non oso immaginare cosa potrebbe accadere nel corso di una campagna elettorale che, per quanto prevista in tempi ristretti, scatenerebbe una lotta furibonda tra i partiti coinvolti nell’agone politico. Sono previsti, volendo essere ottimisti, almeno tre mesi, nel corso dei quali andrebbero a scadenza i Bot del nostro paese per valori stimati intorno ai 220 miliardi di euro con tassi di interesse alle stelle. Dubito che il popolo sovrano ne sarebbe felice.
Ciononostante, autorevoli esponenti dei partiti di maggioranza e di opposizione evocano i principi democratici quando, mal celati, emergono i soliti interessi di parte a difesa di presunte esigenze degli elettori, laddove questi ultimi appaiono più come strumenti per mantenere rendite di posizione che come soggetti pensanti in grado di trasmettere gradimento e insofferenza nei confronti della classe politica e dei suoi magheggi. Il popolo sovrano non è più disponibile a recitare un ruolo passivo. La crisi lo ha profondamente toccato e, sia ora che in futuro, non intende più dare deleghe in bianco alla politica né in Italia, né in Europa.
L’Europa stessa appare in grave crisi di credibilità internazionale, certo non unica in uno scenario mondiale in difficoltà. Durante un recente intervento a Berlino Josè Manuel Barroso, presidente della commissione europea, ha detto: «dobbiamo coinvolgere i nostri cittadini in un dibattito onesto e aperto sull’Europa, sui suoi punti forti e le sue debolezze, sul suo potenziale e il suo futuro. Dobbiamo far loro capire quale è la posta in gioco. Dobbiamo scegliere la via della forza, non quella della debolezza. L’unità, non la frammentazione. La strada difficile, non quella facile».
 Gli fa da contraltare Jurgen Habermas che a Parigi, nel quadro del simposio organizzato dal filosofo Yves CharlesZarka sul tema « democrazia e crisi in Europa », ha evidenziato come l’insensibilità politica alle reali esigenze del popolo sovrano non sia un problema solo italiano. Il filosofo e sociologo tedesco ha infatti detto: « fino a questo momento l’Ue è stata portata avanti e monopolizzata dalle élite politiche e il risultato è stata una pericolosa asimmetria tra la partecipazione democratica dei popoli ai benefici che i loro Governi «ricavano» per sé stessi sul remoto palcoscenico di Bruxelles e l’indifferenza, per non dire assenza di partecipazione, dei cittadini dell’Ue rispetto alle decisioni del loro Parlamento di Strasburgo».
Il problema partecipativo non è quindi solo un problema italiano, è l’assenza di una reale interazione tra governanti e governati, ma esistono momenti di emergenza in cui si presuppone che la politica sappia agire per il bene della comunità, anche senza interpellarla direttamente. Vi sono responsabilità che la politica deve sapersi assumere quando le consultazioni popolari richiedono troppo tempo e il contesto economico non lo consente.
E’ quanto il nostro presidente richiede alle forze politiche: un salto di qualità, obiettivi condivisi, trasparenza e moralità, correttezza istituzionale, virtù indispensabili per guidare la nave Italia nella tempesta. In questo momento il popolo sovrano credo abbia serie difficoltà a delegare interventi così difficili e impegnativi sul futuro proprio e dell’Italia a politici che non avvertono l’urgenza di scelte condivise a larga maggioranza, scelte certamente impopolari, ma accettabili in una logica equilibrata priva di privilegi. E’ tempo di decisioni non di chiacchiere.
Mi ricordo il titolo di un film: “ in nome del popolo sovrano” di Luigi Magni, ambientato nella Roma papalina di Pio IX. Allora il popolo si illuse. Ora non si illude più e non vuole essere chiamato in causa impunemente.

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